Io sono l’ultima

I pensieri e i ricordi si affollano nella mia testa man mano che realizzo.

Quella donna che è stata sempre presente nella mia vita, da quando sono nata, che mi ha fatto da mamma nel periodo che mio padre stava male e poi se n’è andato, che è stata una costante e dava con la sua presenza il significato alla parola “famiglia”.

Si chiamava Pierina, e a noi nuova generazione faceva un po’ ridere che una persona adulta avesse un nome da bambina.
Ma si usa, ogni tanto, no?

Si usa ancora a volte, questi genitori che danno un nome ai loro figli pensando che restino per sempre bambini, poi quei bambini crescono e diventano a loro volta adulti ma quel nome gli resta attaccato.

Pierina, la zia Piera, sorella della mamma, oggi se n’è andata.
Finalmente.

Dopo anni di agonia e di dolore, la vita l’ha letteralmente consumata, tutti pregavamo e speravamo che finisse presto ma lei si aggrappava a quella vita che non voleva lasciarla andare.

Lei non voleva vivere, non più ormai, ma la vita è una morsa che non molla, ti mangia un pezzo alla volta e ci rosicchia fino all’anima, non se ne va se può evitarlo.
E lei era veramente corrosa e rosicchiata fino all’osso, era arrivata ad essere una cosina di meno di 30 kg, come si può?

Mi chiedo dove sta l’umanità di tenere a tutti i costi viva una persona in quel modo.
Mi chiedo dove sta la dignità nel vivere così.
Eppure, ci sono queste realtà che fanno molto più male di qualsiasi bene possibile.

La zia Piera, la mia ultima zia.
Una lunga vita, a volte felice, piena, non facile ma vissuta in pieno appena era possibile.

Viaggi, tranquillità economica, sudata e guadagnata un centesimo dopo l’altro.

Ma un prezzo molto alto da pagare, oh sì, molto alto.
Perdere un figlio è il prezzo più grande che si possa chiedere a qualcuno, e lei l’ha pagato.
Armando, la mamma ti ha finalmente raggiunto, vedi?
E negli anni si è vista sparire tutti intorno, fratello e sorella, il marito, il genero, amici di una vita.

Era rimasta lei e lo diceva, io sono l’ultima.
L’ultima di quella generazione, come la sabbia nella clessidra chi ci ha dato la vita piano piano scende verso quel passaggio dove tutti noi andremo, i prossimi nella lista siamo noi.

Io ormai non la vedevo esattamente da 3 anni, la famosa cena a casa di Chiara con la Paella – 30 agosto 2015 – e c’erano tutti e due gli zii, e anche Gigi, l’ho sentita a Natale scorso, quando l’ho chiamata per farle gli auguri di compleanno (compiva gli anni il 24 dicembre e ci teneva che gli auguri fossero per quello, non per Natale).
Lo zio già se n’era andato – zio nenè – ma lei sì e no se ne rendeva conto, credo.

Oppure quando la vita ti bastona tanto, e sempre, ci si “abitua” alle botte, si fa il callo, chi lo sa, e si va avanti, sempre e comunque.
Da allora abbiamo parlato ovviamente spesso di lei e di Chiara, che aveva sulle spalle la sua tortura quotidiana.

Ogni volta che sono tornata in Italia avevo pensato di andare a trovarla ma per un motivo o per l’altro non l’ho mai fatto.
Adesso me ne pento ma in quel momento sembrava di avere ancora tempo, come sempre.
Spero di ricordarmi in futuro, spero di aver imparato che a volte il tempo non c’è, forse il momento non si ripresenterà più, si deve sempre cogliere l’attimo.

Zia, la tua lunga vita finalmente ha mollato il freno e ti ha lasciata andare.
Come ho detto allo zio Nenè dico anche a te: buon viaggio zietta, a te che è sempre piaciuto andare in giro, adesso puoi finalmente volare.
Per quello che vale, e non è un granché, ti voglio bene.

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