La mia vita era destinata a cambiare molte volte, da allora.
Anzi quel giorno è stato l’inizio del primo di quei molti cambiamenti.
Sabato 5 luglio 1980, Tangenziale di Bologna.
Ho cercato di trovare un archivio storico di un quotidiano del giorno successivo, se per caso un trafiletto parlava di quell’incidente in tangenziale quella mattina, ma non sono riuscita a trovare niente.
In fondo non era niente di speciale, uno dei tanti incidenti che capitano da sempre sulle nostre autostrade, specie nei weekend estivi.
Ma magari per
riempire un buchetto nella cronaca, la foto di quella A112 che si è fatta 200 m
strisciando col tetto sull’asfalto poteva esserci.
Probabilmente c’erano notizie più importanti quel giorno.
In fondo solo
nei 30 giorni successivi ne sarebbero successe di cose.
L’aereo precipitato sulla Sila che poi è stato considerato l’inizio della
strage di Ustica.
L’inizio delle Olimpiadi a Mosca.
Gli AC/DC che pubblicano Black in Black.
La Strage di Bologna..
(fonte Wikipedia)
C’è stato molto da vedere, sentire, di cui parlare, in quel periodo.
Per me è stato solo “il mio incidente” sulla strada che mi portava a Roma, che già facevo da qualche mese, per passare il fine settimana con Francesco.
La cassetta con The Wall che si impiglia nel mangiacassette, la distrazione per recuperarla, la scatola dello sterzo riparata male dopo l’”incontro” con un mucchio di neve in montagna (una decina di giorni prima), alzare lo sguardo e vedere la spalletta del ponte che si avvicina, il colpo di volante e la macchina che cappotta.
Poi solo le scintille del tetto che corre sulla strada e poi il silenzio.
Il vuoto fra quei momenti.
Il risveglio è arrivato con già l’ambulanza a fianco, la barella, il trasporto al Rizzoli, momenti di lucidità alternati a lunghe pause di incoscienza.
La telefonata alla mamma che era a casa di una sua amica, fatta da una cabina all’ospedale (mica c’erano i cellulari), senza un soldo (dov’erano i miei bagagli?), ho chiesto di parlare con mia sorella, non avevo il coraggio di dire alla mamma direttamente “mamma, sono a Bologna, ho avuto un incidente”.
C’era il precedente di mio cugino Armando, morto in un incidente solo pochi mesi prima, avevo paura che mia mamma facesse un colpo.
Poi i visi stravolti di loro che mi sono venute a prendere, ormai era sera, (mi raccontavano, dopo, che per la strada si chiedevano: ma qual’è la clavicola? dove sta?), la fasciatura strana che mi teneva ferma quella clavicola spezzata a metà, il ritorno a casa e i giorni successivi.
L’ospedale a Padova, l’operazione, il chiodo d’acciaio che teneva insieme i 2 pezzi dell’osso, l’ingessatura enorme tenuta per 45 giorni.
La cosa che adesso mi sembra strana è che non ho foto di quel periodo, a parte questa che ho messo fatta un po’ di tempo dopo, sarà che adesso si fotografa qualsiasi cosa, ma almeno una foto della mia macchinina rossa che facevo sfrecciare ogni 2 settimane sul tratto appenninico (anche quello adesso è cambiato), niente, non ce l’ho.
Ho trovato una foto in rete di una che ci assomiglia molto, non è la mia ma ci va molto vicino.
Come sembra strana a vederla adesso, siamo abituati a vedere macchine molto diverse, senza rendercene conto il nostro modo di concepire le auto è cambiato moltissimo da allora.
Beh, in fondo sono passati quasi 40 anni.
Non ci avevo mai pensato ma adesso è un’auto d’epoca, girando per la rete ho trovato un sito di aste dove ce n’è una in vendita, simile alla mia ma Abarth, a 13000€, mica bruscolini.
Per me sarà
sempre la mia macchinina, la prima nuova che ho preso
E me la ricorderò sempre mezza spiaccicata e bruciacchiata col tetto
sull’asfalto della tangenziale di Bologna.
Quel 5 luglio 1980.