Viaggio

Come altre volte un viaggio che è stato una fuga.

Una fuga con molte contraddizioni e molte cose che corrono per la testa, una fuga che forse più di altre volte ha il sapore di “ultima volta”, pur sapendo che le possibilità e le opportunità non finiscono come finisce il giorno.

E che c’è sempre qualcosa dietro al prossimo angolo che ha il potere di cambiare le cose e di aprire altre porte.

Ma questo è stato un viaggio “pesante”.

Forse più difficile, più pieno di aspettative, comprese quelle delle delusioni e delle disillusioni.

Un viaggio affrontato come un compito gravoso.

Per la strada mi sono formata molte volte, sono scesa dalla macchina e ho respirato aria che sembrava di volta in volta diversa, guardato orizzonti di volta in volta più pieni, ricchi.

E ogni volta con la mente mi sono guardata indietro a quello che avevo lasciato e ogni volta ho pensato che, comunque le giornate successive fossero trascorse, a quello sarei dovuta tornare, con o senza risposte.

Ho cercato di farlo durare il più possibile, quel viaggio.

Poi come prevedevo, i giorni si sono susseguiti  in un lampo, anche se cercavo di assaporare ogni minuto, specie quelli con te.

Con te…

La colazione con la torta al cioccolato, i film che hai scaricato, i problemi di salute, lavoro, famiglia, la pasta e poi il caffè a Nosate, la camminata lungo il Naviglio, gli episodi della tua vita legati a quei luoghi, l’acqua che scorreva, il lago artificiale, i cigni e le papere, i campi bonificati e i boschi brulli e intricati e pieni di sterpi, il Campo Sportivo del tuo paese, il tuo bosco e il Villoresi vuoto.

E poi salutarti con una fitta al cuore, come ogni maledetta volta.

E poi il ritorno al B&B, un panino e un succo di frutta, un’oretta a leggere e poi il sonno e la stanchezza della giornata hanno preso il sopravvento.

Il giorno dopo è stato meno frenetico del previsto.

Ho fatto quello che dovevo fare in poco più di un’ora e il resto del tempo l’ho passato ad aspettare che passasse il tempo.

Una passeggiata al Naviglio Sforzesco, un giro in centro a Vigevano, tanti ricordi di quando vivevo lì che tornavano ad ogni angolo, ricordi di cose fatte e cose che avrei voluto fare, di sogni e illusioni.

E delusioni.

Fino al momento di andare dalla mia dottoressa, dove il tempo si è dilatato in 4 ore di sala d’attesa.

Alle 8.30 di sera sarei dovuta partire per tornare a casa ma non me la sentivo di fare quel viaggio di notte.

Pensavo di dormire in macchina ma mi ha chiamato la mia amica Leo e mi ha bacchettato:
“TU SEI MATTA, NON PENSARCI NEMMENO !! .. adesso tu trovi un albergo, pago io, mi porti la ricevuta, VOGLIO che tu vada a dormire in un posto sicuro !!

E così ho fatto, con gli ultimi soldi che avevo di riserva ho trovato un alberghetto e sono partita la mattina dopo.

Mi sono concessa una sosta alla Certosa di Pavia, non ci ero mai stata e dubito che ci tornerò mai, e poi la strada verso casa, la lunga strada che sapeva di addio molto più di altre volte.

Chiamandola “casa” per comodità, non avendo altre definizioni.

Ma casa era quella che stavo lasciando, come ogni volta.

Viaggio.

Il viaggio è finito col ritorno a quella che da più di un anno è la normalità, anche se so benissimo che fra poco tornerò a mordere il freno e la voglia di partire ancora tornerà a mettermi in agitazione.

Sperando che ci sia un’altra volta.

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