Dopo aver scritto qui, la mattina di Capodanno, mi è venuto un magone.
E voglia di vedere montagne e neve.
Ad un certo punto ho ripensato ai pranzi di Capodanno che si facevano una volta a casa della mia famiglia.
La minestra, gli avanzi del cenone, il concerto di Vienna alla TV, mi è sembrato brutto iniziare l’anno a casa da sola mangiando si e no pane e formaggio.
E sono partita, all’inizio l’idea era di andare verso Bassano (Asiago mi sembrava troppo lontano), di fare qualche foto, magari dal Ponte, farmi un caffè (o magari una grappa) e tornare a casa.
Ma arrivata lì non mi bastava e sono andata verso Trento.
Quante volte ho fatto quella strada, da sola, con la Leo e poi con la mia famiglia, Valentino quando era piccolo, mi mancava.
Ogni volta passavamo a Cismon a vedere il mercatino all’aperto di reperti bellici, avevano di tutto, dagli elmetti dei soldati a pezzi di auto o di armi, una volta avevano anche un piccolo carro armato..
ora non c’è più niente, al suo posto c’è una segheria.
Ma la cosa a cui non avevo stranamente pensato era che ci fosse la neve, non tantissima ma abbastanza da cambiare completamente il panorama, ovunque si guardasse.
Dopo Cismon beh, è stato automatico o quasi andare verso le Scale di Primolano ma non pensando di andare su, solo come punto di riferimento, dato anche dal ricordo di quanto raccontava la mamma su papà che appena presa la patente era andato proprio lì per mettere alla prova le sue capacità di guidatore, parlo di una settantina d’anni fa, mica bruscolini (mio papà compirebbe 100 anni il 2 aprile prossimo).
Ma trovarsi ad un bivio in cui le direzioni sono: Trento, Asiago, Arsiè oppure tornare indietro… come si fa ?
Si fa che si va verso su, dove si sale, la neve è tutto intorno ma le strade sono pulite, il cartello dice Asiago km 39, mica pochi ma che meraviglia.
Enego, Foza, Gallio e Asiago.
Passando da una strada con pochissimo traffico, paesaggi stupendi, boschi e silenzio, a caos, traffico, gente dappertutto, code, rumori: Asiago, ne facevo anche a meno, sinceramente.
Ma va bene e visto che c’ero sono andata anche a Camporovere, dove da bambina passavo i 2 mesi estivi in vacanza.
Non ho mai dimenticato la casa dove andavamo tutti gli anni e mi sono fermata e ho fatto un paio di foto.
E con gli occhi del ricordo ho rivisto mio papà, malato, la sua ultima estate, sulla sedia a sdraio in quella specie di terrazza, con la coperta blu sulle gambe.
è stranissimo che io abbia questo ricordo, visto che di quel periodo della mia vita non ricordo quasi niente ma quella casa la ricordavo, anche se mi sembrava più piccola, e la terrazza la ricordavo molto più grande…
ma avevo 9 anni.
Poi la strada del ritorno, trafficata ma non troppo, era ancora presto, il tramonto dall’alto del Costo e poi dall’autostrada, un po’ di foto che come al solito non rendono l’idea ma che non potevano mancare.
I giapponesi che fotografavano con enormi macchine e cavalletti sicuramente avranno fatto di meglio di me col cellulare, ma quello che conta è che sono tornata a casa un po’ più libera.
Il resto.. resta mio..