Essere soli

Una volta qualcuno mi ha detto che la solitudine ha fatto di me una persona solitaria.

Quando si è soli, non per scelta, si reagisce in molti modi, soprattutto invecchiando, quando le persone che hai amato in un modo o nell’altro se ne vanno.
Quando i mattoni che uno alla volta hanno costruito la tua vita e il tuo mondo a poco a poco si disgregano e diventano polvere, hai poche scelte.

Puoi autocommiserarti e aggrapparti a quello che ti resta, al punto di essere un peso, una patella attaccata ad uno scoglio che non ti vuole, oppure imparare a vivere di te stessa e con te stessa, senza contare su altro.

Penso che sia anche questione di carattere, la prima delle due scelte, consapevole o no, è comunque contare su altre persone, coinvolgere e condizionare la vita degli altri, imporre i tuoi interessi e le tue esigenze a chi, per dovere o per amore, ti è vicino.

La seconda scelta la fai ed l’affronti giorno per giorno. Una strada che inizi a percorrere e che vivi un passo dopo l’altro, ad ogni passo allontanandoti sempre di più fino a non poter tornare indietro.

Ed è una scelta che ti cambia, dentro e profondamente, che ti fa pensare che il mondo può andare avanti da solo, anche senza di te, che tu non sei così importante, che tu ci sia o no non fa la differenza.

Nella mia vita ho fatto molti errori, credo che nessuno ne sia esente, non esiste la vita perfetta, ma quando ho iniziato a rendermi conto di questi errori ho cercato, nel miglior modo che potevo, di non farli pagare a nessun altro. Non che sia possibile, mai, non del tutto.

Il mio modo di non far del male a chi amavo è stato isolarmi. E’ stato anche scappare, ebbene si, è stato voltare le spalle ed allontanarmi il più possibile, facendo della mia solitudine in mezzo agli altri il mio essere solitaria. E’ stato anche vigliaccheria, per molti versi ho rinnegato le mie responsabilità e ho mollato tutto e tutti per ripartire da zero, anche se razionalmente non avrei potuto farlo.

Non so cosa sarebbe successo della mia vita se quel giorno non avessi deciso di fare le valige e andarmene (era una valigia sola e pure piccolina, mi ricordo come se fosse adesso della sensazione che ho provato quando mi sono resa conto che quello che restava dei miei 50 anni fosse così poco..).

In questo momento importa poco stare a pensare e a sentirsi in colpa per quella scelta. Quello che adesso importa è quello che sono diventata, come gli ultimi 10 anni mi hanno cambiato.

Ma mi hanno cambiato davvero?
Ho cercato volutamente e tenacemente di uscire dallo stereotipo di “essere umano = animale sociale” e di essere la persona solitaria, anche quando non sola, che vorrei essere. Ma l’istinto della mia specie mi fa sentire anche gratificata dal fatto di vedere che ci sono persone che si sono affezionate a me, che vogliono la mia presenza. E questo mi fa paura.

Paura perchè non voglio di nuovo affezionarmi a mia volta e di nuovo perdere. Paura perchè so che niente dura, so che prima o poi ognuno prende la sua strada e si allontana, è giusto che sia così, ma non so per quante altre volte sarò capace di raddrizzare le spalle e ripartire, guardandoli allontanarsi.

Penso sempre di più che dovevo davvero andare a vivere in cima a una montagna o trovarmi un buco bello profondo dove non avrei potuto far male a nessuno.

Invece sono qui, gli ultimi 3 anni mi hanno riportato al mondo in modi imprevisti e inaspettati e dato che non sono una stronza bastarda è successo quello che non volevo. Ci sono persone meravigliose che mi danno tutto l’amore e l’affetto possibile e io
mi sono affezionata a loro come non pensavo più di poter fare.
Il fatto è che ho paura di perderle così le allontano prima io, o almeno ci provo.
E in questo modo le faccio soffrire, e le deludo.

Ma è possibile che qualunque cosa io faccia finisca per far del male a qualcuno?

Forse prima di tutto dovrei ammettere con me stessa che il mio essere solitaria è tutto una balla, un muro che mi sono costruita intorno che però è di carta, basta niente per sfondarlo.

E non ci manca molto, c’è qualcuno che sta facendo di tutto per riuscirci.

Oppure il mio errore è quello di non saper più vivere il momento, mi sto sempre a chiedere cosa succederà domani, quanto dovrò pagare per quello che oggi mi fa stare bene.
Un bel “carpe diem” ci starebbe bene, no?
Magari dovrei imparare a contare su qualcuno oltre che su me stessa.

Eli.. ti voglio bene.

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