Sono passati dieci anni da quando la mamma se n’è andata.
Mi sembra ieri.
Mi sembra un secolo fa.
A volte mi sembra che non sia mai successo, che basti che prenda il telefono e la chiami e lei è lì, sempre felice di sentirmi, sempre pronta a fare qualsiasi cosa per la sua bambina.
E poi mi viene in mente, poi mi ricordo, quel torrido, angosciante agosto di dieci anni fa, poi realizzo pur senza aver mai smesso di sapere qual è la realtà.
Capita a tutti, credo, quando si perde qualcuno di talmente vicino, qualcuno che ha fatto parte della tua vita da sempre, da quando esisti, pensare: “chissà cosa direbbe sapendo questo, cosa farebbe vedendo quello…”
Cosa diresti, mamma?
Vedendo dove sono, così lontano da tutto quello che conoscevi, ci sei mai stata a Lisbona, tu che avevi girato tutta l’Europa col tuo camper, mi verresti a trovare?
Naturalmente sì, anzi saresti già venuta, e saresti sempre lì a dire a tuo marito: quando ci torniamo dalla mia Sisi?
Sapendo come a volte sto male lontana da mio figlio, cosa diresti?
Niente, lo so già, mi guarderesti e solo da quello sguardo io leggerei: adesso sai cosa vuol dire, sai come stavo io quando eri lontana.
E poi vedendo che trascuro un po’ la mia salute, che non faccio esami e controlli anche se dovrei, che non mi metto a dieta, vedendo che fumo un sacco, diresti: ma dai, fatti un check-up, almeno sai che va tutto bene, almeno sei tranquilla…
A volte mi dico che sei una pagina già scritta, mi dico che non c’è niente che sia rimasto in sospeso fra me e te, mi dico che sono cresciuta, mi hai cresciuto bene, e so fare la mia strada.
Ma accidenti mamma, quanto mi manchi.
***
Trovato ieri su un libro che sto leggendo, Oriana Fallaci:
La morte della madre … è l’anticipo della tua morte.
Perché è la morte della creatura che ti ha concepito, portato dentro il ventre, regalato la vita.
E la tua carne è la sua carne, il tuo sangue è il suo sangue, il tuo corpo è un’estensione del suo corpo: nell’attimo in cui muore, muore fisicamente una parte di te o il principio di te, né serve che il cordone ombelicale sia stato tagliato per separarvi.
***
Aggiungo un post scriptum a questo post, perchè c’è ancora qualcosa che voglio aggiungere.
Ieri sera Sandra, la mia coinquilina, incazzata e nervosa, mi ha detto: “mia mamma è in ospedale di nuovo, un versamento ai polmoni (mi pare) dovuto al cuore.”
(Sua mamma è stata operata al cuore circa un anno fa o poco più)
Incazzata perchè lei (Sandra) sabato prossimo parte per le ferie e doveva farsi due settimane in Puglia, sole, mare e via così, e adesso invece deve andare a casa da sua mamma per assisterla finchè è in ospedale.
“ma almeno una settimana me la faccio” ha continuato, “ho bisogno di ferie, ma possibile che proprio adesso doveva essere ricoverata?” (nel senso, sembra che lo abbia fatto apposta a stare male proprio quando io devo andare in ferie…)
Io non ho detto un granché, al massimo ho detto “capisco, si hai bisogno di ferie” o qualcosa del genere.
Ma ci ripensavo stamattina, pensavo a quello che vorrei dirle, ma non le dirò, perchè non capirebbe.
Vorrei dirle: oggi sono 10 anni che mia mamma se n’è andata e non so cosa pagherei per poter dire: vado da mia mamma, in Ospedale? va bene ma posso partire e andare da lei.
E pensavo, con un senso di colpa che non finirà mai, a quante volte la chiamavo quando stavo a Milano, perchè dovevo, senza nessuna voglia di farlo, e a quante volte invece non la chiamavo, anche se magari lei mi aspettava, per lo stesso motivo.
Come è vero che ci si rende conto delle occasioni perdute solo quando sono perdute, andate, per sempre.