Questo è essenzialmente il riassunto dei giorni appena finiti, i giorni che aspettavo ormai da 3 mesi e che sono finiti troppo in fretta, come sempre succede.
Valentino, Alice e Leone sono arrivati lunedì scorso, come previsto, l’aereo è arrivato perfino in anticipo ma ci hanno messo un’ora ad uscire dall’aeroporto.
La folla, il casino, ma quanta gente arriva a Lisbona in questo periodo?
Un disastro, volti, gente, voci in mille lingue diverse, capelli, vestiti, le 2 brasiliane corpulente in ciabattine infradito con la musica dal telefono a tutto volume, il panzone con la camicia a quadrettoni e le bretelle che faceva avanti e indietro col suo carrello di valige in cerca di chissà chi.
Squadre di ragazzini vestiti tutti uguali col badge al collo, operatori col codazzo di turisti a rimorchio, sembravano cani da pastore che riunivano il loro gregge di pecore spaurite.
Fila chilometrica ai taxi, la solita processione, il taxi arriva, spalanca porte e bagagliaio, imbarca gli allucinati turisti e parte, e via un altro, senza soluzione di continuità.
Quando alla fine siamo usciti da quell’aeroporto abbiamo fatto come quelli che turisti non sono, MyTaxi, 2 minuti di attesa, monta in macchina e via, a casa.
Ed è iniziata la vacanza, un salto a mettere giù i bagagli al B&B, una lunga passeggiata al Jardim do Campo Grande, foto, Leone che corre e si arrampica dappertutto, gli spruzzi di irrigazione che creano arcobaleni, il laghetto con le papere, gli aerei che passano sopra la testa, il ritorno a casa per cena.
La cena è stata una bella sorpresa, speso poco e mangiato bene alla Churrasqueria dietro l’angolo, Pao de Lò e moscatel dopo cena, due chiacchiere con Roberta e Leone esausto che si addormenta sul divano.
E il giorno dopo è iniziata la maratona, prima a prendere la macchina in agenzia e poi Sintra.
Ma quanto abbiamo camminato e quante scale abbiamo fatto!
Per poi, in fondo, non andare quasi da nessuna parte, sì, ci siamo inerpicati su per la montagna, fra giardini e vecchi gruppi di case e ville antiche, ma al castello non ci siamo mica entrati, non c’era tempo.
Siamo arrivati all’ingresso, fotografato i merli e le torri delle mura esterne, e poi stesse scale in discesa, con le gambe che facevano male e le scarpe fracassate, fino alla macchina.
Cabo da Roca, una marea di gente strattonata dal vento, giapponesi che sembravano uscire da sotto ogni pietra, tedeschi, inglesi e americani, francesi, olandesi, italiani, spagnoli e perfino qualche portoghese ?
Ho scoperto che è davvero il punto più occidentale europeo.
Boca do Inferno, ancora scale ma uno scherzo in confronto, meno gente ma stessa musica, peccato la bassa marea ma l’oceano è affascinante ed ipnotizzante.
E verso casa, problemi di parcheggio, cena e collassamento, esausti tutti e 4.
Martedì il tempo era un po’ così ma almeno non pioveva, Cristo Rei e Lisbona vista dall’alto, e poi Caparica, le onde e i surfisti, e l’eterno vento.
Fonte da Telha, scale a non finire, Leone ha contato i gradini fino a 170 ma ne mancavano ancora parecchi, pazienza in discesa ma poi fatti di nuovo in salita, non finivano più.
Il villaggio di pescatori è uno squallido posto, casupole a un piano col tetto piatto, strada sterrata polverosa, popolazione canina probabilmente superiore a quella umana, un gatto, un bar dove una cuoca faceva giocare il cane dietro al banco frigo, il furgone dei rifornimenti che scaricava taniche di candeggina.
E il ritorno a Lisbona, eravamo in città ma il navigatore ci ha fatto passare attraverso Monsanto e sembrava di essere in mezzo ad una foresta, abbiamo sbagliato strada, dicevamo, ma no, il navigatore dice che siamo giusti, ci siamo persi?
Invece no, fuori dalla foresta e dritti in tangenziale, puff, in un secondo.
A prendere Roberta al lavoro e poi la metro fino a Martim Moniz per andare al cinese abusivo con Elisabeth e Jacopo.
Di nuovo scale, ma quanti gradini ci sono al mondo?
La serata passata coi miei ragazzi, le persone a cui voglio più bene qui e nella mia vita, per un attimo mi sono sentita come a uno di quei pranzi in famiglia di una volta, coi nonni che guardano intorno a loro figli e nipoti, come nei ricordi del mio passato.
Solo che stavolta la nonna ero io e mi sentivo davvero vecchia a stare con loro, nel mio posto ma fuori di posto.
Chi sta fuori riesce a vedere la dicotomia che è la mia vita?
Quando sono in Italia sono nel mio posto, con mia sorella e mio cognato, che sono la mia generazione, oppure con mio figlio e suo figlio, che sono il seguito, quello che ho generato e che discende da me.
Quando sono qui a Lisbona sono lo stesso al mio posto ma in modo diverso, qui vado a pari passo con generazioni diverse, età diverse, affiancandole e percorrendo il loro stesso cammino.
Quando questi due mondi si uniscono, come l’altra sera, mi sento come se cercassi di far stare un quadrato in un cerchio, si può fare ma non potrà mai combaciare completamente.
Guardavo Valentino e Alice e guardavo i miei amici, Roberta, Elisabeth e Jacopo, stessa età, stessa generazione, e il trait d’union ero io, che teoricamente non c’entravo niente.
Non riesco a spiegare, è difficile, so che questo un po’ mi spiazza.
E poi l’ultimo giorno, pioggia e freddo, e allora musei, il MAAT la mattina e il Pavilhão do Conhecimento al pomeriggio, con in mezzo McDonald a Belém e disquisizioni sulla strada da fare.
Una carbonara a casa, con Roby, e i ragazzi al B&B a fare i bagagli.
Ieri è stato solo l’epilogo, alle 9 eravamo in aeroporto, il magone immancabile, la voglia di fermare il tempo e nello stesso tempo di farlo muovere più in fretta, la macchina riportata in agenzia e il sonno.
E alla fine ripensare ai giorni passati così in fretta.
Che sensazione avere i miei ragazzi qui.
Come già l’anno scorso, unione di passato e presente, un puzzle che ormai vive coi pezzi sparsi e sbriciolati che, per pochi giorni, ridiventa intero, completo.
Vite di tanti ieri e di questo mio oggi, per poco tempo ma finalmente unite, amalgamate.
Elisabeth mi ha detto che lo guardavo con “gli occhi a cuoricino”.
Certo!
Valentino è la mia vita, è la cosa più importante che mi è rimasta dei miei 60 anni passati a questo mondo, sono io, la parte migliore di me, l’unica parte che davvero è importante.
Leone è importante, come lo è mia sorella, la famiglia sparsa qui e là, ma Valentino è e sarà sempre davanti e sopra a tutto il resto.
E qualunque cosa faccia, qualunque scelta, io sarò sempre dalla sua parte.
Adesso la vita di tutti i giorni riprenderà, oggi mi sono presa la giornata per tornare al normale ritmo e al quotidiano, domani riprenderà il lavoro, tutto tornerà come era prima di 5 giorni fa.
Non devo, non posso permettermi di aver voglia che le cose siano diverse, non ho alternative da poter scegliere.
E mi dico che non posso lamentarmi di quello che ho.
Anche se…
P.S. tutte le foto in questa pagina: