Ritorno, vacanza in Italia

ritorno italiaRitorno, si ci voleva un ritorno prima o poi, ed è stato corroborante, illuminante, esaltante, caldo di affetto, dolce e amaro di ricordi, bagnato di pioggia e profumato di primavera.

Ritorno a quello che posso chiamare casa solo come punto di riferimento e mi mette sempre a disagio l’idea di casa non avendo davvero una casa a cui tornare.

Ritorno in Italia, non più come italiana fra tanti, non più come parte dell’ambiente, delle strade su cui camminavo, dei posti dove mi fermavo ma come una che è di passaggio, una turista sui generis che conosce ogni angolo ma che si sente ormai straniera.

Il ritorno dopo un’andata come minimo frenetica, che ha visto illusione e speranza di partire diventare realtà in 3 caotici giorni fatti di saluti, valigie, prima volta in aereo e un mondo tutto nuovo, diverso anche se simile, più lontano del previsto, da chiamare nuova casa, nuova vita.

E mi sono resa conto in questi 4 mesi, da quando vivo a Lisbona, che l’Italia, il posto che ho lasciato e che ha ha visto i miei primi 59 anni, è davvero lontana, molto di più di quanto sembrava all’inizio.

Lontana in senso fisico, geografico, ma anche lontana perché lì i ritmi sono rimasti gli stessi di prima quando erano il mio quotidiano ed ora li vedo da fuori e mi sento diversa, già cambiata.

Me l’ha anche detto qualcuno, che sono cambiata.

Luca, il figlio della zietta Ada, ha detto che sono perfino migliore, più sicura di me, più viva.

E’ stato un bel complimento, io non me n’ero resa conto fino a quel momento e ho capito che è vero, sono cambiata, sono cresciuta in questi 4 mesi.

Me l’ha detto anche mia sorella che non credo abbia mai smesso di essere preoccupata per me, per la mia vita qui, per la scelta che ho fatto venendo qui.

Credo che adesso non lo sia più, o meno di prima, che non è poco.

Insomma il ritorno.

Il viaggio è stato un po’ .. articolato.

Taxi fino all’aeroporto.. trovato subito, qui i taxi ci sono appena giri l’occhio, sempre pronti, e con poco ti portano ovunque…

ritorno 1Aereo fino a Bergamo.

La seconda volta in aereo è stata meno traumatica della prima, sapevo cosa aspettarmi dopotutto, ma il tempo era un po’ meglio e anche l’aereo della Ryanair era meno scassone di quelli della TAP, più comodo.

Navetta fino alla stazione di Milano.

Avevo fatto il biglietto online ma non serviva, esci dall’aeroporto di Bergamo e ne trovi 20 di navette, autisti e strilloni che si rubano i passeggeri uno con l’altro ma non c’è differenza fra loro, tutte partono in pochi minuti, tutte ti caricano i bagagli, tutte costano la stessa cifra, problemi di posti non ce ne sono… meno di un’ora e sei in Stazione a Milano.

Ma che impressione… le targhe delle macchine italiane, i cartelli stradali, le pubblicità, le voci intorno e capivo tutto quello che era detto e scritto.. cavolo lì si parla la mia lingua… quasi scioccante, incredibile 😀

mi sentivo ancora più straniera..

ritorno 2A Milano sono arrivata un’ora prima del previsto, ho visto la mia dose di gente che partiva e arrivava e si accalcava, tutto pieno dappertutto, una tizia stesa per terra con 4 o 5 infermieri intorno che le facevano il massaggio cardiaco, i treni da Venezia in ritardo di più di un’ora perché un tizio si era buttato sotto ad un treno dalle parti di Brescia, la linea per Napoli con altrettanto ritardo per guasti alla linea elettrica, gente incazzata, piena di bagagli, stanca, vociante, liti coi controllori della sicurezza, carrelli della manutenzione a zig zag in mezzo alle persone.

Mi dicevo ok… sei in Italia, welcome home.

Io sotto shock mi sono appollaiata con la mia valigia sulla base di una colonna e sono rimasta lì stordita a guardarmi intorno… sperando che il mio treno non avesse problemi, sperando di partire in fretta, di andarmene da lì al più presto.

Abbene si, anche pensando a Lisbona, alla calma flemma dei portoghesi, alla serenità delle larghe strade.

E finalmente è arrivato il treno… oh mamma, il Frecciarossa, oasi di pace con profumo di Elite, sedili comodi, ho anche sbagliato posto e dovevo far alzare una tizia che parlava incessantemente al telefono, aspettavo che finisse la chiamata e quella non smetteva più.

Alla fine ha dovuto interrompere perché è arrivata una donna strana che ha rivendicato il posto dove stavo io per cui ho dovuto traslocare.

La donna strana, voce alta, trucco pesante, capelli tinti di biondo con 3 cm di ricrescita, piercing e vestiti sgargianti, me la sono trovata di fronte e mi ha dato pedate fino a Reggio Emilia.

Mi ha detto, dritta e diretta “ho fame, dove si mangia in questo treno?” e le ho risposto che non lo sapevo… e mi ha guardato come se avessi bestemmiato.

Ma insomma come potevo non sapere una cosa così basilare ??

Ma il Frecciarossa… connessione wifi, guardavo incantata il monitor nel corridoio che faceva vedere la mappa in tempo reale e la velocità.. 295.. 296.. 297 kmh…

La campagna fuori dal finestrino scorreva veloce ma non sembrava così veloce.

1 ora e 5 minuti da Milano a Bologna.

Io in macchina ce ne mettevo minimo 3.

ritorno 3E poi la stazione di Bologna, quella nuova, sotterranea, quella dell’Alta Velocità.

Una cattedrale di marmo e acciaio e vetro… scale mobili che salivano, ero 3 piani sotto il livello stradale ma ero in un altro pianeta..

E l’ultimo tratto fino a Ferrara, un treno che al confronto del Frecciarossa sembrava una diligenza, sferragliava e si fermava ad ogni piccola stazione e poi ri-sferragliava fino alla successiva.

E Ferrara… e Adriana e Franco sul marciapiede del binario.

E l’abbraccio dopo 4 mesi, benvenuta a casa.

Questo è stato solo l’inizio del ritorno.. mi sembra che potrei scrivere un libro di quegli 8 giorni in Italia, questo era solo il primo.

Primo giorno finito al Sushi a rimpinzarci di gamberi e surimi e spaghetti di soia e chi più ne ha più ne metta.. anche quello è stato un ritorno 🙂

Il ritorno è stato soprattutto quel primo giorno.

I giorni successivi sono stati un immergersi nella vita di una volta, quella che sembra così lontana ma che ho lasciato in fondo da poco.

Casa di mia sorella, il viaggio in macchina fatto mille volte per andare a Padova, senza parlare di guidare di nuovo dopo tanto tempo, la zia Ada, Anna, Cetta, Vanessa, Michela, Asia, Vittoria…

E mio figlio che mi mancava come l’aria ma che non ha riempito quel vuoto.

E lo stupore di mio nipote quando dall’altalena mi ha visto ed è rimasto incantato e poi mi è corso incontro e mi ha abbracciato..

E tornare con lui all’Ikea, un modo di ritrovare una delle nostre piccole abitudini, di fermare il tempo per viverlo ancora insieme, io e lui, come facevamo prima.

Ma sapendo sempre, in ogni istante, che era solo una parentesi, un attimo di pausa dalla vita ormai quotidiana lontana da lì.

E poi di nuovo l’aereo, il viaggio, e rivedere Lisbona dall’alto è stato un ritorno a casa più vero di quello che mi aspettavo.

Perchè casa è qui adesso..

Forse prima non ne ero così consapevole, anche a questo è servito quel ritorno..

Casa Lisboa

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