Riparliamone

Ho chiesto ieri al mio supervisor, Alex, se è possibile tornare in Italia e lavorare da lì, in modo permanente.

Mi ha detto fin da subito che sarà una cosa difficile, che adesso che l’emergenza Covid è finita non concedonoquasi più questa soluzione ma, d’altra parte, ha capito molto bene la mia posizione.

Ragazzo molto sensibile (ha solo 3 o 4 anni più di mio figlio, per me è un ragazzo 😀 ), Alex è una bellissima persona, c’è sempre il limite della lingua purtroppo, ma quando non c’è?
Qui è tutto, sempre, limitato dalla lingua.

Mi ha detto chiaro e tondo che sia lui che Daniel, l’ACM, non metterebbero nessun veto, che non vogliono perdermi.
E già questo è una bellissima sensazione.
E soddisfazione.

Mi ha detto di scrivere una richiesta spiegando i miei motivi e sto pensando molto nelle ultime ore a come scrivere quella richiesta.

Mi sono venute molte cose da dire, nei miei film mentali, molti modi per spiegare a persone che non conosco cosa mi ha portato a fare questa scelta.

E penso sempre di più che il modo più semplice sia dire le cose come stanno, per me, dal punto di vista umano.

Ma prima di tutto devo chiarire con me stessa cosa davvero voglio e cosa mi spinge a volerlo.

L’input è stata una frase detta (scritta in Teams) da un amico/collega, Pas, che ha scritto: non so come fai a stare all’estero da così tanto tempo, da sola.

Sul momento gli ho risposto: me lo chiedo anch’io.

Ed ho iniziato a chiedermelo davvero.

Quante cose mi sono venute in mente, pro e contro, possibile e impossibile, e mi sono sentita tirata da tutte le parti come un elastico che vuole andare in mille direzioni diverse.

La cosa che mi ha colpito e continua a battermi nella testa è: 7 anni.

Non me n’ero resa conto prima?
Sembra quasi di no, non così.

Quando sono arrivata qui era per un anno, e già mi pareva un tempo lunghissimo.

Poi è arrivato il rinnovo, poi un altro anno, poi i salti mortali per arrivare al contratto indeterminato e poi… il Covid.

Che, a me come a mezzo mondo, ha rubato 3 anni di vita.

E non solo, anche adesso che l’emergenza è finita ha cambiato il mio modo di vivere, ha chiuso definitivamente alcune porte e lasciato solo spiragli di altre.

Ha allontanato le persone a cui mi ero affezionata, ha limitato drasticamente quel poco di vita che avevo che esulasse dal lavoro e dalla sopravvivenza.

Ha fatto sì che adesso, dopo 7 anni a Lisbona, la mia vita sia il lavoro, e nient’altro, oltre al problema di cosa fare di cena e quello di riuscire a dormire una notte intera.

E dall’altra parte…

Ho un figlio, ti ricordi?

Un figlio con mille problemi, una vita complicata e una lotta quotidiana per tenerla in equilibrio per amore di suo figlio quasi adolescente.

Ho un nipote.

Un bimbo che aveva 5 anni quando sono venuta qui e adesso ne ha 12.

Quante volte l’ho visto da allora?
Forse una ventina, probabilmente meno, un bimbo che è cresciuto lontano da me, che per molte cose è uno sconosciuto, per me.
E io per lui.

Ho una sorella.

Quest’anno ha compiuto 70 anni, da quando sono qui ha superato un cancro, ha avuto centomila magagne, ha quasi perso la vista da un occhio, un paio di mezzi infarti, e io ero qui, lontana, senza poter fare niente.

Vero, razionalmente posso dirmi: anche se eri lì cosa potevi fare?

Niente, ma c’ero, per lei, per suo marito, per me stessa.

E invece no, ero qui a inseguire un sogno di indipendenza, perdendo però tutto quello che mi ero lasciata alle spalle.

È vero, tutto ha un prezzo, e io sono stata disposta a pagarlo, finora.

Ma adesso sono stanca.

Ho 66 anni, ho poco fiato ormai per rincorrere i sogni, e anche poca voglia di farlo.

Quello che mi rimane è il mio lavoro, un lavoro che faccio dando il meglio che posso, che mi piace e mi dà soddisfazioni.

Un lavoro che mi mantiene viva, sveglia e attiva, che mi da la dignità di vivere autonomamente, che è una delle poche cose buone che ho fatto nella mia vita.

E non vorrei perderlo.

Ora, come posso dire tutto questo a persone che non sanno chi sono, che non mi conoscono e devono giudicare e valutare una mera richiesta amministrativa da parte di un dipendente?

Sinceramente non lo so.

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