Ieri sera ho guardato il cielo

Ieri sera ho guardato il cielo, non che si vedesse un granché, vista la nebbia di questi giorni, ma guardavo lassù pensando a chi c’è, lassù.

Chi lo sa perché quando perdiamo qualcuno pensiamo che sia in cielo, guardiamo verso l’alto e ci sentiamo osservati, guardati da lontano…
e anche protetti

E io ieri sera mi sentivo così.

Pensavo a Paolo, che lassù ci è appena arrivato, e a Makko.

E ho pensato alla mamma, le ho detto pensaci tu a loro, a quei ragazzi a cui, pur nella distanza di spazio e tempo, volevo bene.

Prendili per mano e accompagnali, dì loro che in quel cielo non devono aver paura, non più.

Il cielo non mi ha risposto, ovviamente, non lo fa mai.

Ma mi sono sentita in qualche modo confortata, più tranquilla, più sicura

Ieri è stata una giornata strana, nel bene e nel male.

E’ iniziata con la festa dei nonni all’asilo di mio nipote.
Io pur sentendomi nonna come sono, con annessi e connessi, con arroganza e stupidità mi sentivo diversa da tutti quei nonnetti che mi circondavano, dalle vecchiette alte un metro e un cazzo che chiocciavano coi loro nipotini.

Che idiota presuntuosa che sono, vero ?

Ma poi la giornata ha preso una direzione diversa.

Pranzando con Anna si parlava della complicata famiglia di suo marito, un paio di giorni fa è morto un suo nipote e ieri, fra controversie varie, complicate e assurde, c’era il funerale.

Lei voleva andarci e nello stesso tempo era restia finché alla fine le ho detto ok, prendiamo cane e macchina e si va a Pieve di Soligo, sulla pedemontana trevisana.

Lassù la nebbia non c’era, il cielo era limpido e pulito.

Dopo il funerale abbiamo fatto due passi per il paese, un caffè, una fetta di strudel e aria pulita, il clima rilassato e tranquillo dei paesi di montagna.

Ovviamente con la tensione e l’angoscia legati al motivo per cui eravamo lì, in fondo non eravamo mica in gita.

E mentre eravamo lì, mentre ero fuori dalla chiesa col cane, ho chiamato Natalina, la mamma di Paolo
non sapevo cosa dire, cosa si dice in questi momenti, cosa dici a una madre che ha perso un figlio in quel modo.

Lei piangeva, mi ha detto che ogni sera aspetta che lui torni ma poi sa, crudelmente sa bene, che lui non tornerà più.

E si, pure io ho pianto con lei, pur cercando di farmi sentire forte, di farle sentire che io per lei ci sono e ci sono sempre stata anche se non ci sentivamo più da almeno 6 anni.

Ma pur nel dramma, pur nello strazio di questi momenti, sono stata contenta di averla sentita e sento che anche lei lo è stata.

Parlando con lei mi sono sentita a casa e ancora di più.

La sera mi ha chiamato mio cognato Antonello, il fratello del mio ex marito, il papà di Paolo, ed è stato ritrovare un calore che avevo perso e che non speravo più di trovare, il calore di chi ti vuole bene davvero, della famiglia, dell’appartenenza.

E mi ha ricordato una cosa che avevo dimenticato..

Quando con mio marito eravamo in crisi, se non in guerra, Antonello mi aveva detto: se ti stufi, se non ce la fai più a restare con lui, fà i bagagli e vieni qui.

E ieri mi ha detto la stessa cosa, quando vuoi fà la valigia e vieni a casa !!

Vieni a casa !

Hai idea di cosa vuol dire per me questa frase?

Casa.. io che ho questa perenne sensazione di essere sradicata, senza casa, sentirmi dire “vieni a casa
mi viene un groppo anche adesso che lo scrivo…

Tutto questo giro di parole per dire: anche per questo ho guardato il cielo ieri sera.

Per dire a loro che stavano lassù che anche un giorno così strano e non certo felice può regalare qualcosa di bello, di grande.

E che l’amore ha forme e modi strani, spesso inaspettati, per farsi vedere e sentire.

E che per quanto pensi di non meritarlo lui ti scivola addosso e ti abbraccia e ti scalda…

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