Giornata direi piena.
E’ iniziata con un giro a Ferrara con mio cognato, fin lì nessun problema ma lui è un rompiballe, per dirla gentilmente.
Lo so, è fatto così, le cose te le dice senza mezzi termini, senza indorare la pillola, dice quello che pensa e assolutamente è meglio così, piuttosto che pensare che si nasconde dietro falsità e ipocrisia.
Ma fa male, fa del male.
Non lo vuole, non è intenzionale, in fondo, pensandoci dopo, non è stato niente di speciale, discorsi già detti e ripetuti sull’alimentazione sana e su abitudini sbagliate che ho acquisito vivendo da sola per anni.
Ripeto, niente di particolare, ma ha risvegliato in me sensi di colpa che avevo seppellito, che speravo di non dover più provare.
Su una cosa ha ragione: non sono una roccia e mi basta una piccola spinta per cadere e poi è sempre dura rialzarsi, sempre di più.
Poi ieri sera al telefono con la mamma, sempre difficile, sempre di più, parlare con lei e farle sentire un minimo di serenità, semplicemente perchè non c’è.
E lei lo sa, e ogni volta inizia il balletto fatto di sorrisi forzati, di cose banali dette per non dire quelle davvero importanti.
E alla fine resta la bocca amara, sempre, e un buco nel cuore.
E mia sorella ogni volta che parla con la mamma si macera dentro.
Inizia con i “se fosse, se potessi, se sarà..” e non riesce a staccare la mente, non riesce a razionalizzare e pensare che non può fare niente, che così si fa solo del male, del tutto inutilmente.
Ieri sera sono scappata in camera mia con nessuna voglia di niente, solo per scappare in un altro mondo, per smettere di pensare.
Ma ho trovato…
Klara… ho letto il suo diario stamattina e mi spiego come mai ieri sera dava la sensazione di essere giù, mi ha detto “leggerai e capirai”.
Ho capito, e credo di poter capire, almeno in parte.
I nostri figli sono parte di noi, che ci piaccia o no, che lo ammettiamo o no.
E’ una cosa naturale, fa parte del nostro DNA di mammiferi.
Per quanto sia possibile razionalizzare e cercare di vedere le cose da diverse prospettive, sono e restano dentro di noi, non importa da quanto tempo il cordone ombelicale sia stato tagliato, non importa se dopo, anche a distanza di anni, ci si può dire “dopotutto è andato tutto bene, è vivo..”
Il loro dolore è il nostro dolore, le strade che percorrono sono le nostre strade, i passi che fanno sono passi che facciamo con loro, le loro vittorie sono anche le nostre, come le loro sconfitte.
Anche se di riflesso, anche stando in disparte, anche se sembra che il nostro compito sia finito, non lo è mai, mai più.
“Femmine un giorno e poi madri per sempre“*..
e quel per sempre è davvero per sempre.
Walter.. ieri hai avuto una di quelle giornate in cui, lo so, ti si spezza il cuore, in cui vedi quanto è effimera, e miserabile, la vita umana.
So che per te è importante scaricare la pressione che ti si accumula dentro in queste giornate, parlare, raccontare, condividere.
Parlare dei molti morti della giornata, degli aborti, degli arti amputati, raccolti negli ospedali della città e in qualche modo, condividendo le tue sensazioni, fare pace con loro.
Io ieri non c’ero, non ho capito.
Mi sento come se ti avessi in qualche modo abbandonato, tradito.
Mi spiace, vi chiedo perdono amici miei, se solo avessi avuto un po’ più gli occhi aperti, se solo non avessi pensato a me stessa, ci sarei stata per voi.
Ma non c’ero.
I feel so sorry…
* cit: Fabrizio de André – La buona Novella – Ave Maria