Covid 2019

11/03/2020

Vivo in un Paese dove dicono di piantare alberi per far nascere sardine senza lisca.

Cosa c’entra?
Assolutamente niente, solo ho visto l’immagine stamattina mentre aspettavo l’autobus e pensavo a quello che sta succedendo nel mondo ma soprattutto dalla mia famiglia, in Italia.

Il momento è delicato, quella che sembrava una paranoia con ben poco senso sta diventando un allarme.

Senza volerlo, a forza di sentire mille voci e notizie, il pensiero a questa specie di calamità che sembrava così lontana sta diventando sempre più presente e quasi costante.

Il caxx di Covid-19 sta imperversando ormai ovunque e visto da qui, dove fino ad un paio di giorni fa era solo una notizia da lontano, magari sembra peggio di quello che è.

Ma esiste e si diffonde, facendo colazione vedevo il telegiornale che mostrava immagini da scenario apocalittico, in Italia le strade deserte, chi era in giro con la mascherina, bar e negozi chiusi, stazioni e aeroporti pattugliati.

L’Italia potrebbe sembrare lontana ma anche in Spagna, a pochi chilometri da qui, stesse scene.
(La differenza è che dall’Italia arrivano moltissime notizie, strombazzate in lungo e in largo, dagli altri Stati, Spagna compresa, tutto è più contenuto.
Forse hanno visto come viene vista l’Italia adesso, quasi come se il virus lo avessimo inventato noi, e evitano di fare la stessa figura)

Scopri poi che una collega è a casa perché il figlio non va a scuola, anche qui alcune scuole sono chiuse, in quarantena.

E non solo, la mia azienda sta organizzando un intero edificio per spostare in quarantena chi è appena arrivato dall’estero (e dall’Italia soprattutto).

E sta organizzando il lavoro da casa per altri dipendenti, quelli che possono lavorare in autonomia, nei progetti dove questo è possibile.

Viene da chiedersi se, una volta passato questo periodo di emergenza le cose torneranno come prima o ci sarà un nuovo modo di vivere, lavorare, rapportarsi con gli altri.

Forse molte cose cambieranno, forse impareremo ad apprezzare di più le persone che ci sono vicine e ancora di più quelle lontane perché, ti assicuro, essere qui e non poter vedere, toccare con mano, è davvero brutto.

Ieri pensavo che vorrei poter tornare a casa, poter vedere coi miei occhi quanto di vero c’è nella realtà della mia terra come la dipingono i TG.

E per quanto pensi che quegli idioti che si sono scapicollati per prendere l’ultimo treno in “fuga” da Milano siano degli ignoranti, irresponsabili coglioni, beh, da un certo punto di vista li posso capire.
Non li giustifico, certo che no, ma capisco cosa li ha spinti.

Perché nei momenti bui la cosa che cerchi più di tutte è la vicinanza alle persone a cui vuoi bene.

Solo che poi ci pensi e razionalizzi, quello che non hanno fatto certamente quelli del “treno per il sud”.

Pensi prima di tutto: che ci vai a fare?
A far ammalare la mamma o la nonna e lo zio?

Bel regalo che gli portate da Milano, bravi imbecilli.

14/03/2020

Questo scrivevo un paio di giorni fa e da allora molto si è mosso, sembra in certi momenti una corsa contro il tempo.

E invece è una lunga attesa, che passi questo periodo, che passino i fatidici 14 giorni di incubazione e che poi tutto torni come prima.

Perché, diciamolo, come prima poteva anche fare un po’ pena, o schifo, ma ci andava bene così.

Parlavi male del tuo lavoro, dello stress, della voglia di ferie?
Beh adesso stai a casetta tua, in “ferie” senza code ai semafori, mezzi strapieni con effetto sardine, telefono che suona in continuazione coi clienti incazzati che sembrano dare tutti la colpa a te per ogni calamità dall’arca di Noè in poi.

Eppure eccoti lì, non vedi l’ora di tornarci, a quel lavoro.

Il fatto è che ci siamo abituati, giustamente, a poter decidere cosa fare e quando farlo, se e dove andare, la scelta di stare in casa era, appunto, una scelta.

Ora in Italia non lo è più e questo brucia, il sentirsi limitati, prigionieri, è dura.

E nascono cose come il suonare e cantare dai balconi delle città, per sentirsi più vicini, forse, meno soli in mezzo al mondo, meno prigionieri.

Qui ancora non si è a questo punto e non so se ci si arriverà ma temo che sia questione di tempo.

E ti assicuro che il silenzio che entra dalla finestra non è lo stesso che si sente in agosto, quando sai che tutti sono al mare o affanculo da qualche altra parte.

Questo è un silenzio pesante come il piombo (a parte il deficiente con la radio a tutto volume che in questo momento è fermo in strada davanti a casa, giusto per smentire quello che sto scrivendo in tempo reale…
grazie Dio, ha parcheggiato!!)

Adesso che è tornato, il silenzio di cui parlavo si sente ancora di più.
Oggi è sabato, il quartiere di solito diventa un casino, ci sono decine di negozi, bar, ristoranti, banchi e banchetti, supermercati.
Sono proprio curiosa di vedere se questo sabato sarà come tutti gli altri.

Qui non c’è il #restoincasa #iononesco obbligatorio che c’è in Italia, non ancora.

Qui ancora si va al lavoro, si prendono i mezzi, si va al ristorante o in pizzeria o a fare un giro in centro e per locali.
Ancora.

Quanto durerà?

Le scuole saranno tutte chiuse da lunedì, comunque, come musei, spettacoli, eventi, sport, anche qui tutto si sta fermando

Ieri c’era una specie di infermiera con guanti e mascherina che misurava la febbre ogni volta che si usciva in pausa (avevo 33.5, per la cronaca, ma c’erano 11° fuori e un vento che tagliava, sicuramente ero gelata).

Le voci sui casi trovati nel nostro edificio o in uno degli altri di TP si ricorrevano, “5 al City Center” “no, sono 3” “no, non è un cazzo vero, se trovassero anche un solo caso chiuderebbero tutto l’edificio”… e via così.

E assurde scene di panico, gente incazzata con l’azienda “ma non si può lavorare così!!”, secondo me sono loro quelli che fanno aumentare ancora di più il panico e la paranoia, se hai paura sta a casa, prenditi ferie, Perdio!

Io.. per ora sto a guardare, provo ad informarmi, leggo le news in rete, ho scaricato una trentina di immagini dei titoli delle notizie sul Coronavirus che girano, sono QUI, giusto per amore di cronaca.

Perchè se oggi si vive un giorno alla volta aspettando di vedere come si evolve, anche questa storia finirà, nel bene o nel male, e diventerà Storia, quella che i nostri nipoti studieranno a scuola.

E, se ci sarà ancora questo sito, in qualche archivio, magari aiuterà a dare un po’ la misura di chi questi momenti li sta vivendo nel quotidiano, come me, da italiana in Portogallo.

A tutto questo che ho scritto voglio solo aggiungere un paio di link.

Uno è una razionale, giustamente impietosa (ce la meritiamo tutta) analisi sul perchè l’Italia è diventata protagonista di questo pandemonio.
https://www.fanpage.it/attualita/coronavirus-perche-litalia-e-la-vittima-perfetta-dellepidemia/

L’altro è un (quasi) benevolo decalogo di come ci si deve comportare in questo frangente, molto ironico, molto scherzoso e molto… italiano 😀

La prima volta che l’ho letto mi è servito molto a sdrammatizzare e ci ho riso su, la seconda già mi ha fatto ridere meno, perchè se è necessario dover dire certe cose alla gente è solo la conferma di quello che sappiamo bene: gli italiani sono degli emeriti teste di minchia!
https://www.peopleforplanet.it/per-chi-non-capisse-italiano-e-abruzzese-proviamo-con-il-toscano-iononsorto/

E come ha detto il New York Times qualche giorno fa:

Quindi gli italiani sono confusi e spaventati, non c’è da stupirsi. I media non parlano di nient’altro e aggiungono immagini allarmanti per fare il punto. Vediamo più maschere in TV e online che nelle strade semideserte di Milano.
L’Italia vive in un tempo strano, sospeso. Milano, la sua città più energica, sembra ansiosa di tornare al lavoro come al solito, ma non sarà veloce, né facile. 
Il Paese trattiene il respiro e aspetta.

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