Ti racconto

Ti racconto piccole cose, quelle che non mi chiederesti, che forse neanche ti interessano, impronte sulla sabbia che poi le onde porteranno via.

Ti racconto questa estate che non è mai iniziata ed è quasi finita.

Fra noi abbiamo detto che se avessimo avuto l’idea o la presenza di spirito di fare una foto, ad ogni viaggio, dello stesso posto, avremmo avuto la testimonianza di quello che noi abbiamo in ogni caso visto, il trascorrere del tempo misurato dalla natura, la nascita la crescita e l’epilogo.

I campi di mais visti con le piantine appena spuntate, che poi crescevano giorno per giorno e che adesso sono piante alte più di me con le pannocchie che maturano al sole.

Le distese di frumento diventare da un’onda verde a un mare giallo e poi i campi pronti per l’aratro, dopo il raccolto.

Le risaie, un velo d’acqua man mano velato del verde delle piantine e ora diventate di un verde brillante, diverso e luminoso, che inizia a dorare sulle cime, dando la sensazione di un velo di sole che le accarezza.

I frutteti coi lunghi filari di piante che ora sono cariche di frutti rossi, gialli, arancio, ruggine.

Ti racconto di Pietro e della sua casa.

Pietro dovrebbe essere nato questa primavera e i suoi genitori hanno scritto il suo nome con i fiocchi azzurri sulla ringhiera della sua casa.

Ad ogni viaggio vedevamo quel nome: PIETRO spiccare davanti al suo prato, a quella casa isolata in mezzo alla campagna.

Pietro ha un fratellino più grande che a volte abbiamo visto in giardino, il papà di Pietro fa il camionista e un paio di volte lo abbiamo visto arrivare ed entrare nel cancello dietro alla casa.

Abbiamo sempre salutato Pietro, passando davanti a casa sua, anche quando il suo nome è stato tolto da quella ringhiera, anche oggi che lo stesso viaggio fatto 100 volte ci sembrava l’ultimo.

Ti racconto degli Autovelox.
quello di Ariano Polesine, limite 70 kmh in un rettilineo in mezzo alla campagna e praticamente al nulla, quello di Pegolotte, di quelli vecchi, un grosso parallelepipedo blu con 2 occhi, il semaforo di Villa del Bosco che scatta sul rosso se superi i 40 kmh, quello di Arzerello che hanno messo meno di un mese fa, gigantesco, lo si vede lontano un miglio.

Chi ha paura degli Autovelox, ormai la macchina rallentava da sola.

Ti racconto l’ultimo passo e la sensazione di una porta che si chiude, un’altra porta.

Il peso della cassetta delle ceneri, il marmo staccato della fila di loculi, il foro aperto nella parete…
e comunque la consapevolezza che tutto era già finito prima, che quello era solo l’ultimo atto materiale, che lei non era lì, era e resterà dentro il nostro cuore.

E la voglia di guardare oltre, fuori, di lasciarsi alle spalle questo periodo che è stato giusto vivere e di fare un passo avanti, di continuare la strada.

E al ritorno a casa un regalo, una mail di Klara con una poesia.

E serenità, e un sorriso, per lei.

Do not stand at my grave and weep,
I am not there; I do not sleep.
I am a thousand winds that blow,
I am the diamond glints on snow,
I am the sunlight on ripened grain,
I am the gentle autumn rain.
When you awaken in the morning’s hush
I am the swift uplifting rush
Of quiet birds in circled flight.
I am the soft stars that shine at night.
Do not stand at my grave and cry,
I am not there; I did not die.
Mary Elizabeth Frye

(Non stare ai piedi della mia tomba a piangere,
Io non sono lì, non dormo.
Sono mille venti che soffiano,
Sono i bagliori di diamante sulla neve,
Io sono la luce del sole sul grano maturo,
Io sono la dolce pioggia autunnale.
Quando ti svegli nel silenzio del mattino
Io sono la rapida edificante corsa
Di uccelli tranquilli in voli cerchiati.
Sono le stelle che brillano morbide durante la notte.
Non stare ai piedi della mia tomba a piangere,
Io non sono lì, non sono morta.)

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