Sottotitolo: Dicembre 2018
Si vive a volte neanche consapevoli di quello che si ha intorno, i giorni dopo un po’ sono tutti uguali e nel ripensarci si fa fatica ad avere un punto di riferimento, fisico e temporale, di quello che ti circonda e accade, delle cose viste o appena notate che scorrono via come piccole onde di un fiume, tutte diverse ma alla fine tutte uguali.
In questo periodo dell’anno si nota forse un po’ di più, si è più consapevoli dello zoo in cui si vive.
Ci si rende conto che il patchwork fatto di mille tessere diverse, di cui fai parte, diventa un unico disegno. Almeno così succede a me.
Nell’ultimo periodo mi è capitato spesso, anche nei momenti di noia in cui la sola cosa da fare era far passare il tempo (vedi pausa pranzo), di scrivere quello che avevo intorno o le cose che mi venivano in mente che a volte si affollano, per non perdere quell’attimo.
Appunti spesso incompleti, bozze di post che forse non verranno mai scritti perchè poi il momento passa e altre cose si sovrappongono. Ma in quel momento avevano un valore, piccolo magari, e diventava importante non perderle.
Ed ecco quello che in quei momenti ho scritto, con aggiunte.
Dicembre – 1 dicembre 2018
In questo posto dove vivo l’inverno è diverso dagli inverni che sono passati nella mia vita.
Il freddo è frizzante, l’aria non è satura di umidità e il cielo è un cristallo.
Stamattina dall’autobus ho visto il parco di Alvalade con un tappeto di erba così verde e brillante che veniva voglia di scendere e immergersi fra gli alberi e le collinette del parco. C’era un bel sole anche se la giornata era fresca e la voglia di andare al lavoro è sfilata via insieme al parco.
Da noi l’inverno non mostra mai questi segni di rinascita della natura, in inverno la terra e l’erba sono un colore unico che ricorda il marcio, quasi malsano.
Tu lo sai che la primavera arriverà ma sembra che manchino ancora molti mesi, siamo appena all’inizio.
Anche questo fa parte di questo posto, e la sensazione è quella del posto diverso eppure talmente simile da confondere.
Gente – 11 dicembre 2018
Ogni tanto mi sento come un turista allo zoo, guardo questo mix di gente che che ho intorno come se fossero bestie esotiche lasciate scorrazzare fuori delle loro gabbie.
Gente che mangia, che beve o vorrebbe bere, gente che fuma di tutto.
Gente che parla mille lingue diverse ma che lo stesso trova il modo di comunicare, di farsi capire.
Si sente subito l’inglese parlato da un francese o da un olandese. O da un italiano se è per questo.
La lingua è comune ma diversa. Ma è quello che basta no?
Gente la più strana e diversa che puoi immaginare. Il rasta pallido pallido (olandese? o su di lì) che vorrebbe venderti il tabacco all’uscita dal lavoro, probabilmente per tirare su qualche soldo per farsi un po’ di più.
Il ragazzone tutto tatuato perfino in faccia e attira l’attenzione per le scritte che ha sulla fronte, io a volte vorrei riuscire a leggerle, a capire cosa c’è di così importante da dire al punto di tatuarselo sul viso, ma non mi fermo mai a guardarlo abbastanza, non si fissa la gente, no? non è educazione.
Gente che se te la trovi in ascensore devi stare in apnea per non sentire la puzza che emana, gente vestita nei modi più strani (io con 3 strati di maglie guardo con invidia quelli che tranquillamente girano in jeans e maglietta), accostamenti di colori oppure nero su nero su tattoos e piercings.
Questa è, solo in parte, la fauna di TP.
Memories – 16 dicembre 2018
Sono a Entrecampos in fianco al City Center e guardo intorno a me e la sensazione è strana, un posto che conosco bene ma popolato di facce sconosciute.
Mi sembrava strano appena arrivata ma poi ho capito, non dipende da me, da quanto tempo sono qui.
Dipende da loro, sono le facce sconosciute di quelli che sono appena arrivati, sono loro i “nuovi” nell’ambiente conosciuto.
È un po’ come un ritorno in un posto dove niente è più lo stesso pur sembrando lo stesso.
E mi torna in mente quando ero io una nuova presenza, le prime volte al bar di Luisa (che si ricorda sempre di me e sorride “Olà Luiza, tudo bem?”), sulla rampa del City Center, caffè e sigaretta davanti all’ingresso prima di salire al 3° piano, o nelle pause, specie la sera quando finalmente c’era poca gente, o nessuno, a contendersi il posto per sedersi.
Tutto questo non mi appartiene più, sono sempre qui, sono sempre in TP, ma sono ormai lontana da lì, mi sento un’estranea.
Altre cose ho scritto e altre ne ho pensate ma meritano un post tutto per conto loro, il mio terzo Natale a Lisbona, Marilena, un anniversario e tutto quello che si è portato dietro.
Scriverò, in questi giorni, come al solito per me stessa, per non perdere le sensazioni.
Ma magari anche per chi vorrà leggere.
Come al solito, insomma.
Dicembre, quest’anno 2018, sta per finire.
La solita metaforica porta che si chiude per aprirne un’altra.
But it’s not the end until the end.