La scorsa settimana ho provato qualcosa che non avevo mai provato prima.. la paura.
Non che io non abbia mai avuto paura prima d’ora, intendiamoci.
Sono abbastanza vecchia da aver provato quasi tutti i generi di paure, quella del domani, quella del dolore, quella della morte e quella della vita.
Quella dell’altezza e del buio, quella dei ragni, dei serpenti e degli scorpioni, quella del vuoto e dei posti chiusi, perfino quella della mia immagine allo specchio (che a pensarci bene non è poi così assurda).
Ma la paura che ho provato la settimana scorsa era una paura nuova.
Una paura che veniva dalle viscere, completamente irrazionale e irrefrenabile, che sfociava in pianto e tremore, che mi impediva di fare qualunque cosa, di rispondere al telefono e di guidare, di cucinare, di accendere il pc, di fare le cose più banali che fanno parte della vita normale di ogni giorno.
Li chiamano “attacchi di panico”.
Mi sono ritrovata nel parcheggio dell’Auchan, in macchina, a piangere senza sapere perché, senza riuscire a fermarmi.
Beh dico una banalità se dico che non mi piace .. non mi piaccio così.
Il mio senso del controllo, già minato dal fatto che in effetti non posso controllare un granché della mia vita, era un cavallo impazzito che galoppava senza meta e senza scopo e la mia razionalità non riusciva a trattenerlo.
Brutto, davvero brutto.
Perché queste cose ti limitano, mandano a farsi benedire tutti i buoni propositi, ti impediscono di cogliere da un lato le occasioni che si presentano, dall’altro i lati positivi che, come sempre, ci sono in ogni cosa.
Risultato?
I miei pianti estemporanei e inutili mi hanno portato a dire no all’unico lavoro che mi era capitato da mesi.
Dopo di che sono passati, sono miracolosamente guarita.
Il che, scusa sai ma.. mi fa incazzare !!