Oggi ho fatto la richiesta di cambio progetto.
Era un po’ che la decisione era nell’aria, più volte immaginata, scartata, ripresa in considerazione e poi scartata di nuovo.
Ma ultimamente è diventato sempre più difficile lavorare in Wish, tutto è sempre più incerto, niente ha un senso logico, ci si butta allo sbaraglio con poche informazioni, solo “l’azienda vuole questo” e poi sta a te fare del tuo meglio e sperare in bene.
E incassare gli insulti dei clienti.
Da un certo punto di vista non è che sia male, intendiamoci, almeno nel mio ruolo puoi perfino parlare chiaro coi clienti e dirgli “ti capisco ma le cose stanno così”.
C’è una certa libertà di uscire dagli stereotipi del “mi dispiace tanto, devo mio malgrado darti la triste notizia…”.
Leggo spesso i messaggi scritti dai colleghi e mi fanno venire la nausea da quanto chiaramente sono, evidentemente, fasulli.
Poi ci si chiede come mai i clienti si incazzano.
Ma oltre a questo ultimamente è sempre più difficile proprio per l’aria che si respira, nel giro di pochi mesi siamo passati da 120 persone a circa 40, molti spostati d’ufficio ad altri progetti, alcuni hanno trovato di meglio, chi è rimasto sembra aggrapparsi all’illusione che le cose che non vanno siano passeggere, che poi andrà meglio.
Dopo quasi 3 anni penso che niente andrà meglio, è destinato solo a peggiorare.
E sta peggiorando di giorno in giorno.
Così la mia voglia di scappare, o almeno cambiare, è tornata a farsi sentire, stavolta con basi più solide.
Eli se ne va, Gabriele se n’è già andato non per sua scelta un mese fa, perfino Mafalda, il CCM, e Joel, l’ACM, se ne vanno.
Resteremmo noi sulla barca che fa acqua da tutte le parti, vedendo che perfino il lavoro che dovremmo fare noi viene delegato al sistema automatico ma soprattutto ad altri agenti stranieri che rispondono ai messaggi dei clienti.
Come si fa a non farsi qualche domanda?
Come si fa a non pensare che stiamo raschiando il fondo e che da un momento all’altro ci ritroveremo lo stesso a dover cambiare, stavolta non scegliendo ma andando dove vuole l’azienda?
Ho scelto, prima di arrivare a non poter più scegliere, ieri ho deciso e oggi sono andata a fare la richiesta di cambio progetto.
Nonostante le molte ragioni non è una scelta facile, per le persone che stanno con me da ormai un bel po’ di tempo, alcune anche anni, per il lavoro e la sua impostazione che ormai conosco come le mie tasche (almeno fino a quando non cambiano dalla sera alla mattina, come succede sempre più spesso), per la tranquillità del conosciuto rapportato all’ignoto.
E’ tutto il giorno che mi chiedo: ho fatto la scelta giusta? E’ tutto il giorno che mi do’ risposte logiche e inoppugnabili ma ho lo stesso paura.
Per me è un’altra volta ricominciare da zero.
Non che sia una novità nella mia vita, non è che mi fanno paura il nuovo ambiente, le persone nuove, il dover ripartire e reimparare un lavoro nuovo, la paura è quella di non essere all’altezza, di non farcela.
Tutti mi dicono “hai fatto bene, era ora”, Rebecca quando glielo ho detto oggi pomeriggio era contentissima, mi ha abbracciato, Darietta mi ha scritto “Wow, bravaaaa”, Gabriele era contento anche lui, i giorni scorsi mi scriveva: “quando vieni?”, tornerò ad averlo come SV e questo mi da’ certamente sicurezza.
Oggi ho vagato sotto la pioggia per Oriente e l’ex Expo, pensando e ripensando, mi sentivo esattamente come quando TP mi ha chiamato la prima volta e dovevo decidere se venire qui o no.
Solo che, come dicevo a Gabri, stavolta almeno se mi butto ho la rete sotto.
E non c’era quasi nessuno sulla riva del Tejo, solo file di gabbiani posati sulla ringhiera del bacino dell’Oceanario.
Mi ha fatto bene quella camminata in quella zona che fra poco, se tutto va bene, sarà la zona dove sarò tutti i giorni, mi è sempre piaciuta molto quella zona di Lisbona.
Domani sono a casa, venerdì tornerò al lavoro come sempre e vedrò se e cosa è cambiato.
Magari niente, anche se sono io che sono già cambiata, sono già sulla strada che mi allontana da lì.