Non so se vi è mai capitato di pensare “se avessi una macchina fotografica, qui e ora, pronta a scattare questa immagine che mi sta passando davanti agli occhi”.
A me si, e oggi, in questa giornata uguale a mille altre ma che non sarà mai più uguale, avrei in mente centinaia di scatti mai fatti che vorrei mettere, istanti pieni di tutto che non sono mai riuscita a catturare.
Oggi è e sarà sempre il giorno dei ricordi, del dolore, della nostalgia.
Oggi è la giornata di quella rosa bianca bagnata dalla risacca, e di tutto il dolore vissuto, assorbito dal respiro e dai pori della pelle, fuso con le lacrime e il sudore, quel dolore che pur sopito si ripresenta nei momenti in cui meno te l’aspetti, portato da pensieri, parole dette per caso, associazioni mentali, situazioni, attimi.
Sopito ma mai del tutto, sempre presente anche se come sfondo sfuocato.
Immagini.
Non puoi catturare la vita in immagini, c’è sempre qualcosa che non si è fermato abbastanza, qualcosa che non ha lasciato tempo, o respiri, a sufficienza.
E sono quelle le immagini che mi mancano, che non ho nella mia galleria, sono quelle le immagini che vorrei poter mettere qui, non per poter ricordare di più, quello già c’è, ma per dare un senso reale, per poter dire “c’è stato davvero quel momento, non me lo sono sognato”.
L’immagine che ho davanti agli occhi da quando mi sono svegliata è quella della mia mano che stringeva la tua, quella vecchia ossuta mano bianca su quel letto bianco in quel bianco ospedale.
E la mia mano la stringeva e i miei occhi guardavano quel tuo volto sperando, pregando, in una fine.
Fine del dolore, della sofferenza, di una vita.
E la mia mano ti diceva, quando le parole non potevano più dirlo, sono qui, con te, non sei sola.
E la mia mano è così vuota da allora, da quel giorno come tutti gli altri degli ultimi 5 anni, avrebbe così fame di poter stringere ancora la tua mano, ma se la stringo è sempre così vuota.
Mi manchi, mamma.