Vita che chiede, vita che da’ e vita che toglie

vitaQuando se ne va una persona che ha fatto parte della tua vita da sempre ti fai tante domande e ti dai molte inevitabili risposte.

Poi pensi alla dignità

Perché non c’è mai dignità nella morte, la morte arriva quando ormai abbiamo dato tutto quello che potevamo dare.

E’ la implacabile sentenza che ci aspetta sempre e comunque per presentare il conto e anche la dignità ormai se n’è già andata.

Vita lunga e piena o vita breve e apparentemente sprecata, quello è il passo da fare.

2 giorni fa se n’è andato lo zio Nenè, lui si che ha avuto una vita bella e piena, lui aveva dato davvero tutto quello che aveva e aveva preso tutto quello che poteva.

Ma sicuramente, come per tutti noi, pensava di poter fare ancora qualcosa dei suoi 93 anni.

Ieri Chiara mi ha detto che era come mai avrebbe voluto diventare ma così è per tutti noi penso.

Questa parte fisica che completa e contiene quello che siamo si consuma, deperisce, diventa negli anni un contenitore rovinato, liso, ma è solo e sempre un contenitore, non esprime quello che siamo dentro.

Non esprime mai la nostra vera ricchezza.

Dopo le parole di Chiara pensavo…

Pensavo alla mamma gli ultimi giorni quando ormai dormiva sempre, con la bocca aperta che ormai non riusciva più a chiudere.

Pensavo all’ultima volta che si è svegliata e che nel poco modo che aveva per esprimersi con gli occhi mi ha fatto vedere che aveva paura, che si sentiva sola.

E io le ho stretto le mani e le ho detto “dormi mamma, ci sono io qui, non sei da sola.”

E lei ha richiuso gli occhi che mandavano un sorriso, che trasmettevano sollievo.

Credo che in quel momento la cosa peggiore non sia il dolore, non sia la stanchezza di una vita che pesa sulle spalle e che sta scivolando via, penso che sia la solitudine, il sentirsi soli.

Ieri Chiara mi ha detto che lui sembrava aver capito che lei era lì e ha semplicemente smesso di respirare, il suo cuore si è semplicemente fermato, voglio pensare che se ne sia andato sapendo di non essere solo.

vitaHo pensato a tutti i modi in cui aveva fatto parte della mia vita, lo zio Nenè…

Quando ero bambina e mio padre se n’è andato è stato lui il mio padre di riferimento, per un po’.

E lui è sempre stato l’esempio dell’anticonformismo, delle scelte un po’ folli che se si osa solo un po’ di più si possono fare.

Lui che nel suo scantinato costruiva mille cose diverse con le sue mani, lui col camper allestito tutto da solo che girava il mondo, lui che andava a pescare i lucci, lui che aveva fatto l’acquario che avevo a casa, lui…

Quante cose mi sono dimenticata di lui, moltissime certamente.

Aveva un menefreghismo istintivo che gli faceva scivolare addosso le cose, o forse era quello che voleva far vedere.

Ho pensato anche ad Armando.

La vita è dura, cattiva, feroce.

Armando, suo figlio, che se n’è andato su quella strada ormai tantissimi anni fa, a 23 anni.

Lo zio aveva superato a modo suo anche quello, ma dormiva nella stanza di Armando e quasi tutto era rimasto com’era, l’ultima volta che l’ho vista.

Adesso si sono ritrovati, forse tutti e due stanno fumando il sigaro con Fidel, magari Armando si fa una canna ma sono insieme, adesso.

E magari la mamma li guarda, lei che non ha mai fumato, e finge di scandalizzarsi ma sorride.

Questo post è un altro “buon viaggio” che dico a una parte della mia famiglia.

Lo zio è un altro dei mattoni con cui è costruita la strada della mia vita.

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