Ritorno a casa Febbraio 2022

Raccontiamo un po’

23 febbraio

Ed è arrivato il periodo delle mie ferie di primavera, o magari fine inverno, come ti pare.

Quest’anno mi sono presa un bel po’ di giorni, prenotando in anticipo il volo e la macchina, già i primi di dicembre avevo tutto quasi pronto e direi che mi è convenuto un bel po’.

Se l’avessi fatto dopo, anche solo di un mese, sarebbe stato impossibile avere la macchina per 15 giorni ad un prezzo che potevo permettermi.
Quello è stato un bel colpo di fortuna, direi.

Mi sono fatta un preventivo per pensarci un po’ su, 260 € sono abbastanza per me, d’altra parte per i 15 giorni in cui già prevedevo di fare la spola fra Padova, Mestre e Ferrara, in fondo era accettabile.
Dopo un paio di giorni ho deciso di confermare la prenotazione ma al momento di farlo mi esce un messaggio “preventivo non più valido, i prezzi sono cambiati”.
Pazienza, vediamo cosa mi propongono e se ci sto dentro.

Ta dann!!
Sicuramente per le previsioni sul Covid e le possibilità di viaggiare in febbraio, la nuova proposta era 157€… presa al volo, ovviamente.
Una cosa simile per il volo, poco più di 100€ andata e ritorno col bagaglio in stiva… e quando mi ricapita!!

Vabbè, a parte i costi, le ferie.

Lavorare il sabato e domenica alla fine paga.
Mi sono fatta un sacco di giorni festivi che sono diventati giorni di ferie da mettere dove e quando volevo.

Et voila, eccomi in Italia dal 22 febbraio (ieri) al 9 marzo.

Prima però la data “critica”, il mio compleanno, il 21 febbraio.

Passato sì a fare le valigie, poi il Test Covid (non necessario, ho scoperto dopo, ma tanto a Lisbona non si paga), poi cinquemila messaggi, chiamate, ma che contenta che sono, quante e quante persone a cui voglio bene che si sono ricordate di me, anche qualcuno che pensavo di aver “perso” e non avevo il coraggio di ricontattare
(Chris, I’m talkin’ about YOU 😉 ).

E con l’età che aumenta inesorabilmente finisce che si “filtra” e si vede chi davvero tiene a te.

La pizza con gli amici rimasti a Lisbona, siamo pochini che si ricordano il primo anno in Portogallo, la famiglia si assottiglia e forse per questo è più vicina che mai.

La bella serata passata insieme, qualche foto, una torta al cioccolato con le candeline (ma quanti anni erano che non spegnevo le candeline?), un mare di affetto.

E poi… ecco che si parte.

Il volo alle 10 o poco dopo, mezzora di meno del previsto e poi 15 minuti di anticipo sul previsto, alle 2 (ora italiana) ero a Bergamo, ho dovuto perfino aspettare un po’ per ritirare la macchina, troppo presto! (mai successo).

I 150 km in autostrada allucinanti, come sono sempre di più, l’A4 è sempre più un casino, traffico e camion senza soluzione di continuità.
Io non sono più abituata a guidare, è stato pesante, stancante.

Ma poi sono arrivata e tutto è sparito, la fatica, il sonno, il male agli occhi, rivedere mio figlio e mio nipote ha cancellato tutto.

24 febbraio 2022

E sono qui, giornate abbastanza piene, ieri mattina da Cetta, con colazione con Michela e Marco, pomeriggio giretto e passeggiata al lago di Fimon a fotografare cigni e nutrie (e nipote).

Stamattina in centro a fare spese con la Leo, mamma quanto mi ha fatto camminare, e infatti oggi pomeriggio sono crollata a dormire.

Domani non lo so bene cosa farò, magari niente, non importa, ma domani sera a prendere Eli (ma che voglia di vederla) e cena con le mie famiglie, tutti insieme, il più bel regalo di compleanno possibile, manca solo mia sorella ma la vedrò sabato.

6 marzo 022

Come sempre passano i giorni, pieni oppure no, e non trovo il momento di scrivere.

Non che siano stati giorni vuoti, beh a volte un po’, a casa di mia sorella non avevo un granché da fare e così sono stati i veri giorni di riposo e di relax che ci si aspettano dalle ferie.

E in effetti ci vogliono, no?

Dicevo… da Eli il pomeriggio del 25 febbraio, poi con lei di nuovo a Padova, trovata la Leo davanti a casa di mia mamma (per inciso, sai cosa vuol dire nessuna emozione? In fondo ho vissuto nel palazzo a fianco, e in casa di mia mamma ne ho passate tante, per almeno 25 anni, eppure… zero, quella parte della mia vita è del tutto finita, chiusa).

E la cena nell’Home Restaurant di Miki, che bravi che sono, sempre incasinati e casinisti come ci si aspetta sempre da quella folle famiglia, cena sempre ottima, ma guarda, sono bravissimi tutti a cucinare, io non so come fanno, hanno un talento quasi magico.

Che poi niente di che, il menu è quello, pur non da poco, ma l’atmosfera, come hanno disposto i tavoli, la loro simpatia e allegria contagiosa, io mi sento sempre a casa quando sono con loro, sia a casa di Cetta che da Michela.

Il menu è quello della foto ma non racconta molto… l’antipastino con bruschetta, baccalà mantecato e zucchine in pastella, i bigoli in salsa con la vera ricetta veneziana (altro che spaghetti e acciughe), l’involtino di pesce spada, mai mangiato prima (almeno io), una vera goduria, il tiramisu con lo sciroppo di fragole…

Slurp, mi viene l’acquolina in bocca solo a ripensarci 😛

Se mai chi legge avrà occasione di andare a Padova guai a non andare da Miki e Marco.

Bella serata, con la mia vera Famiglia, Eli assolutamente compresa, come dicevamo poi con mia sorella da adesso in poi ogni mio ritorno a casa comprenderà anche lei.

Dopo di che si torna a Mestre, la casetta di Eli è un gioiellino, ha tutto quello che le serve, compresa la terrazza dove fumare e dove quest’estate potrà fare qualche grigliatina al barbecue, sono proprio contenta per lei, è una casa che già la rispecchia, anche se ci sta da poco più di un mese.

E l’ho vista serena, stanca ovviamente, ma tranquilla e senza rimpianti per la scelta che ha fatto di andare via da Lisbona e ripartire da capo.

Sono le scelte migliori, quelle fatte al momento giusto, ponderate e ragionate, quelle che davvero ti lasciano una parte della tua vita alle spalle senza rimpianti, anzi, portandosi dietro il meglio.

Brava Eli!!

Poi sabato 26 passeggiata in un parco vicino a casa sua, a raccontarci i mesi scorsi, e pranzo in una trattoria della zona (niente di che, quantità industriali di pasta senza moltissimo sapore, carne non del tutto cotta, piuttosto caro per essere la classica trattoria da camionisti e operai).

E dopo un riposino (dopo l’abbiocco dato dal vino 🙁 ) via!, presa la Romea e verso casa di mia sorella.

Pensavo anche che fosse più lontana, 101 km tondi, fatti con calma, verso le 6 di sera ero a Massa.

E lì i giorni si sono succeduti quasi anonimi, pranzo, sonnellino, cena, film in tv, biscotti e fettuccine, buonanotte a tutti.

Ma va bene così, eh, va più che bene, io poi avevo proprio bisogno di entrare in un ritmo del tempo che fosse diverso da quello che ho a casa, senza l’assillo dell’orologio (beh escludendo mio cognato che a mezzogiorno e alle 7 di sera inizia a dire:” quando si mangia??”), senza il pensiero delle cose da fare, da vedere, provare, verificare, cercare… ahhh un po’ di sano respiro!!

Questo è durato fino a giovedì 3 marzo, a parte un pranzo con mio nipote e la sua compagna.
Beh, avevamo 3 compleanni da festeggiare, quello di mio nipote Alessandro (20 febbraio) e il mio e di mia sorella (21 febbraio).

E il 3 marzo io e mia sorella, da sole (senza mio cognato) siamo andate dalla Valentina.

Beh parlando di ritorno al passato, per la mia vita non esiste un ritorno più ritorno di quello.

Ero tornata negli anni qualche volta alla “fabbrica”, quella creata e fondata da mio padre con i suoi fratelli, nata come calzaturificio (la Fides degli anni ’60), con varie vicissitudini nel tempo, prima uno dei fratelli che se n’è andato (lo zio Arturo), poi trasformata in suolificio a metà circa degli anni ’70 (la Gambrisol), con la mamma che lavorava in ufficio e l’altro zio che si occupava della produzione, poi dopo la sua morte nel ’78 il subentro di mia zia.

E nel periodo di crisi della metà degli anni ’80 noi ne siamo uscite del tutto (per “noi” intendo mia mamma, mia sorella ed io) e mia zia coi miei cugini (Paolo e Valentina) hanno fatto nascere la Valfiemme dalle ceneri della Gambrisol.

E la Valfiemme resiste ancora, mia zia non c’è più dal 2001, Paolo se n’è andato l’anno scorso (ne ho parlato qui, l’11 gennaio 2021), è rimasta la Vale, con gli eredi di Paolo che purtroppo le mettono i bastoni fra le ruote in mille modi, ma l’azienda fortunatamente è viva e solida più che mai.

Al punto che si stanno trasferendo, lasciano il capannone con annessi e connessi, quello che ha visto nascere tutto, per un posto più grande e comodo, purtroppo anche per i problemi con la moglie di Paolo che vive lì, nella casa che era dei miei nonni e che sta trasformando a suo (orribile) gusto.

In fondo io che c’entro, mi dico, sono fuori da lì da 40 anni, non sono fatti miei.

Ma…

Sai quando ti fai una ferita e ci metti il suo bel cerotto? Lo lasci lì, anche troppo a volte, te lo dimentichi perfino, ma quando lo strappi ti fa un pochino male, la crostina sulla ferita si stacca e magari esce anche un po’ di sangue.

Non si muore mica, per questo, che discorsi, la ferita si cicatrizza anche meglio senza quel cerotto, il tempo passa e finisci per dimenticare tutto…

Ma io rivedo con gli occhi della memoria il giardino della casa di mia nonna dove andavo a giocare, la sua cucina con lei affacciata alla finestra, le scale che portavano al piano di sopra dove il nonno si rifugiava a dormire.

La porta sulla destra che portava all’ufficio dove lavorava mio papà, con la sua segretaria (che poi è diventata mia zia, quando ha sposato mio zio), quelle 2 stanzette piene di carte sulle 2 scrivanie, la porticina in fondo al secondo ufficio che portava all’officina e poi nel capannone.

Non mi ricordo neanche come si chiamava l’addetto all’officina, io gli giravo intorno e guardavo quello che faceva, di lui mi ricordo solo che diceva sempre “mannaggia!” e mia mamma mi diceva “non ripetere quella parola, è una parolaccia”.

Quanti anni avevo? 7 o 8 forse, o pochi di più.

E l’orto del nonno, coi 2 lunghi filari di asparagi dietro a cui mi nascondevo, il recinto dove tenevano il cane (la Lea… ne ho parlato qui? Forse si, raccontando che scappava sempre e mio nonno girava tutto il paese per trovarla).

Quel posto, le mie radici, i primi passi della mia vita, fra poco non ci sarà più, perlomeno non per me.

Avevo un groppo in gola l’altro giorno, non volevo ma pensavo “non tornerò più qui, mai più”.
Tutto cambia, tutto si muove e si evolve, mi sgrido da sola quando mi trovo a pensare troppo a quello che era e non è più.
Ma che ci vuoi fare?

Forse fa parte dell’essere invecchiata, bene o male non lo so, ormai so che mi ripeto con questa storia, ma accidenti, sono quello che sono anche grazie a quel giardino, quella casa, la fabbrica e tutto il resto.

Basta, meglio che chiuda il discorso.

Comunque, con Valentina e Gianni (suo marito) siamo andati a mangiare nel ristorante dove loro vanno spesso (Boccadoro, a Ponte di Brenta), si dai, carino, un po’ ricercato, col vino nel secchiello del ghiaccio, tutto bello e anche abbastanza buono, piatti particolari a base di pesce, molto caro (pranzo offerto da loro comunque).

Frittatina di bruscandoli e carletti con la polenta, insalata di pere al miele, fettuccine con asparagi bianchi e verdi e cappe sante, carpaccio di branzino crudo, dolcetti elaborati e biscottini col caffè.

È stata una bella “rimpatriata”, è un peccato che non ci si possa vedere più spesso, voglio bene a quei ragazzi e mi vergogno un po’, non conosco neanche la loro figlia – Francesca – che a novembre compirà 18 anni.

A pensarci mi chiedo come sia possibile.

Ma la vita è così, ti porta via.

Di ritorno Adriana voleva godersi ancora qualche ora di “libertà” (in effetti non si muove mai da quella casa e se lo fa è con suo marito, ogni tanto un po’ di tempo per conto proprio ci vuole, eh) così ci siamo fermate a Piove di Sacco, fatto passeggiata, foto da turiste, fetta di torta con la cioccolata con la panna 🙂

Una bella giornata fra sorelle, come ormai capita raramente.

Venerdì 4 marzo è stato l’ultimo giorno da loro, valigia, gnocchi alla romana (pronti un po’ in ritardo con Franco che aveva fame e protestava 😀 ), un film carino in TV la sera.

E buonanotte!!

Sabato 5 marzo sono partita prima delle 9, è stato un po’ arzigogolato, a fare benzina ad Adria, dove c’è il distributore meno caro della zona (e anche lì comunque la benzina era a 1.950, un salasso), da Valentino, preso su Leone e via da Cetta per pranzo.

Pranzare da Cetta era una promessa, le ultime volte che sono stata in Italia, anche per parecchio tempo (vedi i 2 mesi l’anno scorso) non mi ero mai fatta vedere né sentire, sono una stronza perché ogni volta è una full immersion di amore e affetto, quella famiglia è proprio come se fosse la mia.

Per cui stavolta che avevo almeno la macchina e la possibilità di muovermi sono andata a trovarli (lo dicevo prima) e Cetta mi ha fatto promettere che sarei andata a pranzo da loro “che ti faccio le cose buone che piacciono a te” 😀

La sera prima mi avevano mandato un messaggio di portare anche Leone (così Vitti, la nipotina di Cetta, non si annoiava a stare fra adulti che chiacchieravano).
(Ecco perché il giro da Valentino, ho allungato la strada di 60 km ma ne valeva la pena.)

E infatti tutto come da premesse, pranzo ottimo, i bimbi che hanno giocato fino a sfinirsi, chiacchiere e aggiornamenti sulle cose successe negli ultimi 2 o 3 anni.

Cose rispolverate, Cetta ha raccontato del rapimento di suo fratello negli anni ’80 (se qualcuno vuole vedere c’è questo link https://youtu.be/ShFUkncYxD4 ), dei brutti momenti vissuti in quel periodo dalla sua famiglia, di quello che è veramente successo quando il fratello è stato liberato (dal video sembra che i carabinieri abbiano fatto tutto loro, in effetti si sono accordati con i rapitori in cambio di “favori” fatti alle bande locali).

Cose raccontate, l’Alzheimer di suo marito con i grossi problemi che crea (e creerà sempre di più in futuro, povera Cetta mi si stringe il cuore), storie di lavoro, di soldi, di pensione, di… di tutto, le cose che si raccontano fra amiche in confidenza, fra persone che si vogliono bene.

Alla fine, ragionando con lei, mi sono resa conto che quello che mi converrà fare è rimanere in PT (se non diventerà invivibile per altri motivi) fino a quando avrò l’età minima per andare in pensione, per cui altri 2 anni e mezzo.

E poi so, e me l’hanno ripetuto in mille lingue, che avrò un punto di riferimento da loro, “quando vieni sai che qui hai una casa dove andare”

A volte mi chiedo (spesso in effetti) cosa ho mai fatto io per essere così… amata.

In questi giorni me lo sono chiesta spesso, anche più del solito.

Dopo dirò di più…

Torno alla “cronaca” di questo ritorno a casa.

Sabato sera a casa da Valentino, Leone era cotto di stanchezza e io pure 😀

Domenica 6 marzo Valentino aveva un mercatino a Brendola.

In effetti il mercatino c’era ma a Vale hanno detto quasi all’ultimo momento che doveva lavorare per cui è stata un po’ una trottola, la mattina presto è andato a montare il banco, alle 11 Alice lo ha raggiunto e lui è tornato a casa per pranzo, poi è andato al lavoro, finito il lavoro di nuovo al mercatino giusto per chiudere tutto e tornare a casa.

In tutto questo io e Leone abbiamo avuto un po’ di tempo da passare insieme e lo ho portato al Planetario.

Sinceramente, io mi aspettavo qualcosa di meglio.
A parte i problemi per l’ingresso, prima col green pass (in Italia te lo chiedono dappertutto, davvero!!), non riuscivano a leggere il mio, chiama la collega, aspetta, poi la mascherina, deve essere FFP2 (assolutamente odiosa), menomale che ne avevo una in borsa.

Ma lo “spettacolo” non era un granché, mi sono anche addormentata un paio di volte (e Leo mi ha sgamato).

E dopo il Planetario via anche noi a Brendola a vedere il famoso mercatino e anche a comprare la sopressa (per chi non lo sapesse è un salume tipico della mia zona) da portare a casa 😀

Il ritorno è stato quasi traumatico, invece di prendere l’autostrada, cosa che sarebbe stata logica, specie la sera, io e lui abbiamo fatto una stradina in mezzo ai colli Berici, traumatizzante è dire poco, menomale che c’era lui a farmi da navigatore (oltre a Google), fra tornanti e strade strette, buio pesto, gli occhi che bruciavano (a settembre quando torno dovrò cambiare di nuovo gli occhiali, vado benissimo al pc ma per il resto non vedo una mazza).

Alla fine ce l’abbiamo fatta, non mi pareva vero, più di una volta per la strada ho pensato: mi fermo e dormo qui!! (forse se non ci fosse stato Leo con me l’avrei fatto davvero).

Lunedì 7 marzo sono stata a casa tutto il giorno a fare niente, leggere, giocare, dormicchiare, ne avevo un gran bisogno.

E la sera la pizza con gli amici di sempre.
Sarebbe dovuta venire anche Eli ma non stava bene, mi spiace non averla potuta salutare un’altra volta, sarà per la prossima.

Alice aveva un impegno per cui siamo andati io, Leone e Vale, prima a prendere la Leo (sta diventando complicato, chiami Leo e rispondono tutti e due 😀 ), poi a s’Aligusta con Lella e Maurizio.

Bella serata, come sempre con loro, ogni volta che torno è un appuntamento fisso.

E l’ultimo giorno, martedì 8 marzo.

A parte la solita storia della Festa della Donna, che non sopporto (come ho più volte detto in questo blog), una giornata di giri e corse.

Da Ada, la mia vecchietta che mi adora (di nuovo gli stessi pensieri detti prima, perché poi?), caffè e sigaretta (lei fuma ogni tanto di nascosto dal figlio, quando vado io è tutta felice perché ci mettiamo in terrazzino e poi nascondiamo le cicche 😀 ).

Storie, dette, ripetute, raccontate, chiacchiere che fanno felici, ormai a noi vecchietti non resta poi molto altro, no?

E abbracci e amore, sempre, incondizionato.

Poi al Giotto con la Leo, mi manda sempre in confusione stare con lei qualche ora, alla fine mi sento rintronata e strizzata come una spugna e ho fatto metà di quello che volevo fare.

Comunque, spesa delle cose da portarmi a casa, qualcosa per cena coi miei ragazzi, e via di corsa per essere a casa prima che mio figlio uscisse per andare al lavoro (ero senza chiavi).

Al pomeriggio ho portato Leone alla sua lezione di batteria, poi a prendere la scorta di tabacco e a casa a fare la valigia.

Eh già, è arrivato anche il momento della valigia, è proprio finita questa vacanza.

Fatta ma non del tutto, le ultime cose sono da incastrare la mattina prima di partire, formaggi, salumi, caffè, tabacco e quant’altro, visto che stavolta ho trovato la soluzione del bagaglio in stiva, invece del pacco di cose da mandare a casa, più scomodo ma mi costa un po’ meno.

9 marzo, ultimo giorno

Come sempre è stato triste e malinconico salutare il mio nipotino, senza neanche sapere quando lo rivedrò, forse a settembre, o forse no, proprio non lo so, dipenderà da molte cose.

Con mio figlio ho finito di riempire quella valigia che ormai ha visto tempi migliori, non so per quanti altri viaggi resisterà, un abbraccio veloce e quando è uscito per andare al suo lavoro mi è venuto un groppo, gli ho detto “va via” se no mi mettevo a piangere.
Anche lui aveva gli occhi lucidi.

E velocemente mi sono vestita, ho fatto due coccole al cagnone e sono uscita.
Avrei voluto poter dire “fanculo Lisbona, il lavoro e tutto il mondo, io voglio stare qui” ma ovviamente non l’ho detto, sono andata a fare il pieno alla macchina e verso l’autostrada.

Il mio posto non è lì, non ancora.

Il viaggio è stato come tutti gli altri viaggi verso l’aeroporto, pieno di pensieri, di traffico, di camion che escono in sorpasso all’ultimo momento, di tempo in abbondanza per tornare indietro con la mente ai giorni passati, appena finiti.

Coda in autostrada, il navigatore che dice “abbiamo trovato un percorso migliore con lo stesso tempo di percorrenza, vuoi cambiare?”.
E visti i cartelli che dicevano “coda di 7 km da Sirmione a Desenzano” ho cambiato.

Per trovarmi in mezzo ad auto e camion che avevano fatto la stessa cosa, per cui in coda.
Ah, parecchie macchine con targa Ucraina, in autostrada, quella della foto era ferma in Autogrill.

Ho visto i prezzi della benzina che sembravano lievitare per magia, 2.24 e poi 2.35 al litro, col gasolio ancora più caro.

E si è visto al momento di fare il pieno prima di riconsegnare la macchina, altro salasso.

Il resto ordinaria amministrazione, la macchina tutto a posto, un toast, un caffè, sigaretta, controlli di sicurezza, attesa del volo, imbarco, 3 ore incastrata nel sedile con la tizia in fianco che sgomitava e quello davanti che si muoveva in continuazione facendo saltare anche me.

A Lisbona… ma come si fa a sentirsi a casa senza sentirsi a casa?
Che contraddizione.

Ho voluto “regalare” 10€ ad un taxi, sapevo bene che mi sarebbe costato di più che chiamare Uber ma ero stanca, fanculo.

Sarebbe stato comico, in un altro momento, vedere lo sbuffo del tassista quando gli ho dato l’indirizzo, troppo vicino all’aeroporto, non ero una turista da poter dissanguare portandola in qualche albergo del centro.
E sicuramente lui pensa di avermi fregato, arrivata davanti a casa si è fiondato a levare i bagagli dal bagagliaio, senza farmi pagare all’interno della macchina, in modo da potermi chiedere i 10€ tondi tondi, sicuramente il tassametro segnava molto meno.

Fanculo pure lui e i 10€, ero troppo stanca e demoralizzata per fare storie.

La sola cosa che mi ha tirato su di morale è stata una sorpresa che ho trovato a casa, e qui mi ricollego al discorso che facevo prima sulle persone che mi vogliono bene e io non capisco perché.

Ho trovato il biglietto di auguri per il mio compleanno mandato da Klara.

E non è solo un biglietto di auguri, è un abbraccio, un meraviglioso regalo da una meravigliosa amica, è affetto sotto forma di brillantini e parole, è amore.

Grazie Klara, come sempre un grazie grande come una casa, ti voglio bene.

Forse ci sarebbe ancora da raccontare su questo ritorno a casa di febbraio 2022, ma direi che ho detto già molto, chi lo sa forse troppo, forse ho annoiato chi è arrivato fin qui, non che dopotutto mi importi un granché.
Come si dice?
Sticazzi!

Domani si torna alla routine, lavoro, mangiare, dormire, e via via via…

Fino al prossimo ritorno.

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