Galizia 2nd day – 12 luglio 2017

12 luglio 2017 – Santiago de Compostela – Finisterre – Muxia – A Coruña

Notte col buco, mi sono svegliata sulle 3 con una sete pazzesca e alla fine mi sono alzata e sono scesa in macchina a prendere una bottiglietta d’acqua, e dato che c’ero a fumare una sigaretta.

Sono riuscita a riaddormentarmi quasi alle 5 e stamattina alzarsi è stata dura.

Colazione in albergo e via verso Muros.

A metà strada mi sono fermata una mezzora a Noia, non era in previsione ma mica ho padroni, no?

Cittadina sulla riva di una larga insenatura che potrebbe essere fiume, lago o mare, chi lo sa.

Ci sono i gabbiani (ma c’erano anche a Santiago), la bassa marea, la puzza di alghe, le grandi case sulla riva con le finestre squadrettate che usano qui.

Un mix di vecchio, antico, post moderno e cemento, ma bello nell’insieme.

Ho solo fatto una passeggiata lungo la baia, giusto per un po’ d’aria e una sigaretta.

Da Noia a Muros sono una 40ina di km, tutti lungo la costa, un saliscendi che costeggia paesi di pescatori e scogliere.

Muros non è niente di che, sembra una qualunque località balneare che si trova tranquillamente dalle nostre parti, forse in Liguria o Toscana.

Traffico sul lungomare, zero parcheggi, gelatai e bimbi con paletta e secchiello.

Ho proseguito sul lungomare verso Cee e Finisterre, mi sono fermata a fare qualche foto sulla splendida spiaggia stile Caraibi di San Francisco, e dopo una trentina di km ho visto un cartello: Miraduro.

Vuoi che, memore delle Azzorre, non mi ci fiondi?

E ho fatto bene, c’è una stupenda cascata, la Cascada de Ézaro, incastonata fra le montagne, dove c’è una centrale idroelettrica e un porticciolo da diporto.

Bellissima!

E poi verso Finisterre (Cabo Fisterra).

Che impressione, che bello, che spettacolo!

Ci ho messo un po’ ad arrivare, lungo la strada mi sono fermata qualche volta, una spiaggia, un faro, un promontorio, avrei potuto fermarmi anche più spesso ma mi dicevo “qua se ti fermi sempre non arrivi più”.

Ma volevo arrivare, lungo la strada ho ripreso un tratto del Camino e man mano che andavo avanti c’erano sempre più persone che facevano, a piedi, la mia stessa strada, col loro zaino sulla schiena e il bastone.

Ne ho anche fotografato qualcuno ma mi sembrava come di mancare loro di rispetto trattandoli da attrazione turistica.

Quanto ai turisti non sono certo l’unica ad essere venuta qui “barando”, anzi.

La maggior parte della gente qui è arrivata in macchina, camper e merenda al sacco.

E ha dato l’assalto al negozietto di souvenir, ma quello l’ho fatto anch’io.

Solo un paio di calamite stavolta, niente di che.

L’oceano dà proprio la sensazione di infinito ma nonostante questo mi sono trovata a scrutare l’orizzonte per vedere cosa c’è di là, l’America.

Ovviamente non si vede niente, solo orizzonte azzurro, ma sapere che c’è mi dà una misura diversa.

In un certo senso mi sento come i naviganti del 1500 quando gli hanno detto che la terra è rotonda e che la fine non si può trovare.

E chi cercava come una sfida di arrivare il più lontano possibile, fino al confine del mondo?

Fino al bordo più lontano?

Che fregatura, capisco perché per loro sia stato tanto difficile accettare che una fine vera non c’è.

E pensando a questo ho ripensato a quello che ho scritto ieri, a quello che ho visto negli occhi di chi a Santiago ci è arrivato facendo il Camino.

Penso che a parte la stanchezza che crolla addosso quando porti a termine un compito impegnativo, sia anche la mancanza di un obbiettivo da raggiungere.

Hai puntato tutto, sofferto, lottato, per arrivare, per finire ed adempiere all’impegno che hai preso con te stesso.

E adesso?

Tutto torna come prima, come se non fosse mai successo?

È stato tutto per niente?

Credo che sia questo che fa ripartire la gente e la porta da Santiago a Finisterre o a Muxia.

La ricerca di un nuovo obbiettivo o forse neanche questo, la voglia di non mettere ancora la parola fine, di rimandare il più possibile quel momento.

Adesso mi metto di nuovo in moto, vado verso Muxia.

Muxia è emozionante, non sto a ripetere banalità del tipo “mi sento piccola di fronte all’oceano”, quella è la sensazione di fondo che c’è sempre.

Ma come l’oceano incontra la terra in questa punta di continente è affascinante.

E ti metti lì e lo mangi con gli occhi.

Non vedi neanche le frotte di turisti con cell e fotocamere in mano a fare foto, vedi solo le onde e la schiuma che precipitano sulle grosse pietre tonde della riva.

Qui come in tutta questa costa capisci perché si chiama Costa da Muerte.

Pensi ai vascelli di 500 anni fa che si frantumavano su queste rive che non danno scampo.

Sono rimasta lì, seduta su una di quelle pietre a guardare, incantata, ipnotizzata, a cercare di cogliere l’attimo in cui gli spruzzi volano verso il cielo, non avendo abbastanza occhi per vedere tutto.

E poi su, dalla cima della collina, la chiesetta che si staglia sullo sfondo di quel mare azzurrissimo…

La chiesetta è minuscola, meno spoglia di come me l’aspettavo, di come sono qui in Portogallo, con le pareti bianche dove sono state appese, davanti alle varie immagini sacre, miniature di barche, vascelli, anche un sottomarino, probabilmente a ricordo di tragedie accadute.

Ho messo una candelina per i miei che sono sempre con me (ma la cera non esiste più? Le candele con la lampadina che si accende quando metti i soldi è così… bah!)

Non sono andata negli altri posti che avevo messo come punti di passaggio nella mia lista, cominciava ad essere tardi e mi sono diretta verso A Coruña, e menomale, ad un certo punto la macchina ha dato un messaggio di allarme, perdita di pressione nelle gomme, tutte e 4 insieme.

Menomale che non ho fatto sterrati e stradine di montagna come alle Azzorre, quella mi mollava dopo i primi 3 km.

Mi sono fermata da un meccanico che ha verificato la pressione delle gomme e tutto sembrava ok.

Ha detto che probabilmente il computer di bordo stava dando i numeri e che potevo andare tranquillamente alla Coruña, circa 90 km.

I meccanici, padre e figlio, poverini si sono dati da fare intorno alla mia macchina, provato, misurato, guardato, fra loro parlavano una lingua di cui non ho capito una parola, con me parlavano normale spagnolo, gentilissimi, mi hanno dato tutte le indicazioni, ci hanno perso mezzora e non hanno voluto niente, neanche un caffè.

Sono arrivata infatti senza problemi, sulla Autovia, mi sono persa solo un paio di volte e alle 8 ero in albergo.

Niente di che, cameretta discreta, poi 2 passi sulla riva della baia di A Coruña, Enseada de Orzan, un’enorme baia con tutta la città intorno.

La stranezza di avere ancora la luce del giorno alle 10 di sera, ho mandato foto ad Adriana e alla famiglia portoghese, una pizza decente con 11€, passeggiata e sensazione di spazio, di libertà.

E poi a nanna, sono crollata.

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