Qui dove vivo

Oggi pensavo, non avendo un granché da fare al lavoro, a come sarà quando non abiterò più qui.

Facevo un confronto mentale fra questa strada di città dove vivo e il paese semi deserto dove probabilmente andrò a stare quando tornerò in Italia in pensione, il paese dove vive mia sorella.

La strada dove abito è una laterale del viale che è il centro nevralgico del quartiere di Alvalade, Lisbona.

I primi anni che ero qui era una tranquilla via con poco traffico, ai lati una serie di palazzine di due piani, tutte più o meno uguali, ognuna col suo giardinetto o stretto cortile, coi marciapiedi in marmo bianco, tipici di Lisbona, per tutta la sua lunghezza.

Una via a senso unico dove a suo tempo passava solo chi abitava da queste parti.

Una via relativamente stretta, quel tanto che basta per non poter parcheggiare da tutti e due i lati, solo sul lato destro, il che ovviamente alla sera e nei fine settimana (come oggi) non ha mai impedito a nessuno di parcheggiare anche sull’altro lato, direttamente sul marciapiedi.

Fino a quando non hanno messo i paletti, perlomeno nel primo tratto.

Adesso ci passa di tutto, piccoli camion, furgoni delle consegne, e si fermano dovunque riescono, a volte bloccando anche la strada.

La finestra della mia stanza è di angolo e appena qui fuori c’è il passo carraio del garage qui sotto.

Sullo spazio di accesso di quel passo carraio si fermano sempre e vanno avanti e indietro coi carrelli delle consegne, soprattutto quello che porta la legna alla pizzeria.

A due metri dalla mia finestra scarica i bidoni pieni di legna e trun trun trun li trascina uno alla volta fino all’entrata della pizzeria, tre, quattro, cinque volte trun trun trun la mattina presto…

Questa strada negli ultimi due o tre anni è diventata un casino, c’è sempre gente che passa a piedi, la sera i vari ristoranti attirano mezzo mondo.

Compresa una squadra sempre più nutrita di fattorini dei vari Uber Eats – Bolt Food – Glovo, piazzati vicino ai vari ristoranti con motorini e bici, quasi tutti indiani o Bangladesh, qualche ormai raro brasiliano.

Te li ritrovi ad ogni angolo.

Anche se questo è un quartiere non turistico, lontano dai percorsi del centro storico, è bastato che aprissero un paio di di Bed&Breakfast e la strada si è popolata di gente con zaini e valige rotolanti a tutte le ore.

Alvalade è un quartiere vivo, sempre di più.

Solo entro un centinaio di metri da casa mia ci sono tre pizzerie (Italian Restaurant, Pasta Non Basta e Luzzo), un ristorante di pesce (O Prego da Peixaria) e uno etnico (l’Honest Greens di cui ho già parlato), un McDonald’s, la Padaria Portuguesa (padaria in portoghese vuol dire panificio ma questo non è un semplice panificio ma un posto dove fanno di tutto, bar, spuntini, colazioni, pranzi veloci).

Almeno 4 farmacie, 3 gelaterie, 2 rosticcerie, 3 centri di analisi mediche, oltre a vari negozi di abbigliamento, pelletterie, una serie di negozietti di cinesi più o meno grandi, 2 palestre, l’ufficio postale…

Tre supermercati (Continente, Pingo Doce e Minipreço), senza contare il Lidl che sta un po’ più avanti, il centro Commerciale Alvalade…

La fermata della Metro.

Dei vecchi negozietti che una volta popolavano questo quartiere rimane solo un piccolo bar, A Triunfante de Alvalade, un piccolo bar a gestione famigliare che sarà lì da almeno 40 anni, che si e no si vede, non so neanche come faccia a sopravvivere.

Parlando della gente che passa qui davanti ci sono due habitué a cui piace camminare proprio sotto le mie finestre, uno viene a telefonare (è qui fuori anche in questo momento), sta sempre, sempre al telefono, lo sento parlare in portoghese e non capisco una parola di quello che dice (a parte qualche “obrigado” qui e là) con una voce noiosa e quella cantilena di Lisbona che mi da sempre la sensazione che parli un ubriaco.

L’altro viene a tossire 😀

Poco fa lo sentivo, non ho neanche idea di che faccia abbia, ma è quasi preoccupante come tossisce sempre, ogni tanto mi viene da dirgli “ma curati!”, questo suono di tosse insistente, non è che mi schiatta davanti alla porta di casa?

Poi la sera, di solito sulle 10:30/11, arriva l’omino dei gatti.

Da sempre, tutte le sere senza sgarrare, arriva con la sua macchina, parcheggia qui davanti, apre il bagagliaio e tira fuori le scatolette e i croccantini da dare ai gatti randagi del quartiere.

Lo fa di sua iniziativa, ripeto, da anni, con Sandra abbiamo scoperto che vive da solo, non ha altri interessi che i gatti e di tasca sua provvede a dargli da mangiare tutti i giorni, è in contatto anche con un paio di veterinari per cui se c’è bisogno li porta per le cure, li ha in un certo senso adottati.

Ovviamente i gatti lo sanno e lo aspettano tutte le sere, appena viene buio si comincia a vederli che si avvicinano, si piazzano nei punti strategici, sotto (o sopra) le macchine parcheggiate, sui muretti, e lo aspettano.

Ormai non sono più tanti, meno di una decina, i primi anni che ero qui erano molti di più, mi ricordo che con Massi e Valentina (2017) ne avevamo contati almeno 50 o 60.

Non so dove siano andati a finire tutti quei gatti, sicuramente non ne sono nati di nuovi visto che il comune di Lisbona ha fatto una retata a tappeto e ha sterilizzato tutti i gatti randagi, perlomeno di questa zona.

Era affascinante la sera vedere questo mare di gatti piazzati dappertutto, uno spettacolo.

Ma lo è ancora, ormai lui è una specie di istituzione del quartiere, arrivano a fare la passeggiata mamme coi bambini e si fermano apposta a vedere lui e i suoi gatti.

Penso che dopotutto mi mancherà questa strada, questo ambiente così affollato ma sicuramente vivo, nonostante il trun trun trun dei bidoni.

Anche nonostante i cani che abbaiano la sera, lasciati soli dai loro padroni a fare la guardia dal terrazzino del secondo piano della palazzina di fronte alla mia, che sbraitano ad ogni altro cane che passa (dimenticavo di dire che questa strada sembra essere preferita dai padroni di cani per la passeggiata quotidiana).

Nonostante i camion delle immondizie che passano di notte, all’una e mezza, le due, ormai quasi non li sento più.

Nonostante gli aerei che passano sulla mia testa ogni dieci minuti, a volte proprio qui sopra (che se li guardo gli vedo la “pancia”) e se sto vedendo un film mi tocca fermarlo e aspettare che l’aereo passi perché non sento niente.

Forse quando me ne andrò ne avrò fin sopra i capelli e mi sembrerà di andare in una specie di paradiso di silenzio… non lo so.

Mia sorella e mio cognato impazzirebbero 😀

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Un commento

  1. 30/9/25 ho scoperto che il tizio che tossisce è lo stesso tizio che sta al telefono, ma non tossisce quando chiacchera, sarà per quello…

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